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martedì 19 aprile 2016

Le nostre piaghe, le sue piaghe...

Il perdono guarisce

Gv 20,19-31



La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.


Chiusi nel cenacolo, chiusi nelle loro paure, ancora delusi da se stessi, dalla loro infedeltà al Maestro, ancora incapaci di comprendere la portata della risurrezione. La reazione di Tommaso manifesta in fondo il disagio di tutti. Come avere fiducia negli altri, come credere alla loro testimonianza, visto che sono stati tutti così meschini davanti alla croce di Gesù? Che senso avrebbe restare insieme, se nel gruppo dei dodici continuasse a regnare solo la paura? Questo non sarebbe un modo per tradire ancora Gesù? L’assenza di Tommaso dal cenacolo è il sintomo di una “malattia” che potrebbe disgregare il gruppo dei dodici, trascinandoli nella rassegnazione, facendo nascere in loro solo rabbia e desiderio di dimenticare. Anche le nostre comunità a volte rischiano questo. Rischiamo di ripiegarci in noi stessi, di non riuscire più a guardare alla realtà con speranza. Rischiamo di vedere solo i limiti, di noi stessi, della nostra parrocchia, degli altri che vivono, pregano e credono con noi. Rischiamo di guardare alla chiesa come ad una realtà solo umana, capace solo di tradire miseramente Cristo, suo Maestro.
Nel cenacolo di Gerusalemme accade però l’imprevisto. Gesù Risorto appare ai suoi, proprio lui, in persona. È un Gesù concreto, mostra le ferite per dire ai suoi discepoli feriti che egli condivide la sua condizione. Mostra le piaghe della croce da risorto per dire che egli è in mezzo a loro per questo, per portare riconciliazione, guarigione, pace. Gesù risorto è in mezzo a noi per questo, per dirci che condivide le nostre ferite, le porta su di se, vuole vincerle. Gesù è con noi per dirci che non dobbiamo rassegnarci alle fragilità ma affidarci alla sua forza; egli ci dona il suo spirito perché le tensioni e le amarezze non dividano, ma il nostro cuore sia capace di quella concreta riconciliazione che risana. Gesù da a quegli uomini il potere e la responsabilità di rimettere i peccati, di fare riconciliazione, perché egli è risorto per questo, per far regnare le vita sulla morte, la riconciliazione che fa rivivere sul peccato che uccide. In questa domenica della Misericordia chiediamo a Dio che ci aiuti a fare un’esperienza sempre più profonda della riconciliazione con lui, per diventare nella chiesa e nel mondo portatori di riconciliazione e di vita.

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