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sabato 4 febbraio 2023

Opere che parlano


Dare sapore senza apparire

 

Mt 5,13-16

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

 

* * *

 

Il sale da sapore scomparendo. Nessuno lo vede, e quando c’è in giusta quantità, nessuno lo ricorda. La sua assenza però si nota subito. Nessuno nota la luce, ma gli effetti che essa provoca. Quando è troppo poca, lamentiamo la sua mancanza. Quando c’è ne godiamo concentrandoci su altro, sulle cose che essa illumina, sui colori che mette in evidenza, sulle bellezze e sulle brutture che mette allo scoperto. La fede in Gesù Cristo non ci rende alieni, fuori dal mondo. Ci chiede invece di restare nel mondo con questo stile. Noi non siamo chiamati a mettere in atto delle strategie per diventare visibili, dobbiamo piuttosto impegnarci ad essere significativi. Non ci è chiesto di cercare modalità comunicative per diventare persuasivi e così essere creduti, piuttosto dobbiamo sforzarci di essere credibili. Non è nello stile dei credenti cercare applausi e consensi, c’è piuttosto bisogno di vivere una carità concreta che ci renda efficaci. Non importa se siamo considerati, ma se diventa rilevante la nostra presenza là dove il Signore ci chiama. Dobbiamo girare alla larga dal potere umano e dalle sue tentazioni, ed imparare piuttosto ad esercitare il potere di Cristo, quello di dare la vita. C’è però qualcosa che deve diventare visibile: le nostre opere buone, cioè le nostre opere di Vangelo, guidate dalla Parola del Signore, ispirate e sostenute dal suo Spirito, ricalcate sulle priorità che Gesù stesso ci dona. Egli ha cercato per primi i poveri, i sofferenti, gli emarginati, i peccatori. Se siamo del Maestro lo si capisce da questo, dal fatto che le nostre priorità siano o no simili alle sue, dal nostro agire in modo simile al suo più che dalle nostre idee o dal nostro parlare. Non come singoli, ma come comunità, (Gesù usa il noi, non il tu…) dobbiamo tornare a queste priorità. Questa è la nostra prova del nove. Questa è l’unica strategia per l’annuncio approvata direttamente da Gesù. Non parole convincenti, non slogan accattivanti, non connivenze con i poteri del mondo, non ricerca di plauso e di consenso. C’è bisogno di fatti, fatti di vangelo. Fatti di vita che mostrino la buona notizia di un Gesù Signore incontrato ed amato, creduto e seguito, al quale cerchiamo ogni giorno di consegnare la vita. Fatti di amore gratuito che mostrino che siamo abitati da un amore più grande, sorprendente, potente, il suo stesso amore in noi. Queste opere vedranno gli uomini e le donne del nostro tempo, e non sarà importante se le loderanno, se ce ne ringrazieranno, ma se guardandole apriranno il cuore a Dio, canteranno la loro lode a lui. Ciò che importa è che le nostre opere toccando i cuori li facciano ardere, di quello stesso amore, li spingano a desiderarlo con infinita nostalgia. A noi il compito di essere nascosti, come il sale, ma capaci di esaltare ogni buon sapore, trasparenti, come la luce, ma desiderosi di mettere in luce la verità dell’Amore di Dio, la bellezza di ogni cosa creata, la potenzialità di ogni relazione.