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mercoledì 22 novembre 2017

Mostraci il tuo volto - Terzo incontro

Si alzò e lo seguì

 Mc 2,13-17

13Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro.

14Passando,
vide Levi,
il figlio di Alfeo,
seduto al banco delle imposte,

e gli disse: «Seguimi».
Ed egli si alzò e lo seguì.

15Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 17Udito questo, Gesù disse loro:

«Non sono i sani che hanno bisogno del medico,
ma i malati;
io non sono venuto a chiamare i giusti,
ma i peccatori».


§ Marco ci presenta spesso un Gesù che “esce”, che cammina, che passa. La presenza di Dio in mezzo agli uomini non è statica, ma in movimento. Uscire, camminare sono immagini della vita, mentre un certo “patologico” o comodo star fermi è un’immagine di torpore, di morte. Gesù riattiva la vita, esce, cammina, e chi vuol sapere qualcosa di lui o da lui deve uscire, seguirlo, camminare.
§ Il luogo del cammino di Gesù non ha nulla di particolare o suggestivo, è un luogo normale di lavoro per i molti pescatori di Galilea. Gesù non cerca situazioni particolari per se e per il suo annuncio. Dove si svolge la vita quotidiana degli uomini si svolge anche il ministero di Gesù.
§ Alle persone che accettano il suo dinamismo, che si mettono a seguirlo, Gesù propone innanzitutto la sua parola, il suo insegnamento.
§ Sappiamo già che la folla che segue Gesù non è necessariamente bendisposta, al contrario, spesso è per lui un ostacolo. Nonostante questo Gesù rivolge la sua parola a tutti coloro che stanno al gioco. Come nella parabola del seminatore, (Mc 4) egli semina con larghissima abbondanza.
§ A questo punto Marco presenta Levi. Lo fa con il consueto stile essenzialissimo eppure molto incisivo. Cita infatti solo due tratti di quest’uomo: le sue radici, è figlio di Alfeo), e la sua condizione, è un esattore delle tasse. Riscuotere le imposte era una specie di lavoro in proprio per conto dei nemici e increduli romani. Il mestiere che fa lo ha scelto, è la sua stessa libertà malata ad averlo condotto in questa situazione di peccato, di pubblica disapprovazione. Cosa ancor più odiosa, gli esattori, proprio perché “lavoratori autonomi” vivono della cresta che alzano sulle tasse. Levi infatti è seduto, è nella condizione opposta a quella dinamica e in cammino di Gesù. Lui è paralizzato (come l’uomo di Mc 2,3) a causa delle sue scelte sbagliate, del suo peccato. La sua vita assomiglia già alla morte, inchiodata com’è a delle cose morte, ad una condizione mortifera.
§ Lo sguardo di Gesù si posa su Levi. Non sugli scribi, su qualche persona di rilievo, su qualche amico o su qualcuno dall’apparenza bendisposta nei suoi confronti. Levi, il quasi-morto attira lo sguardo di Gesù.
§ La parola del maestro verso quest’uomo è secca, perentoria, senza spiegazioni. Seguimi. Come dire, ritorna in vita. Levi non fa una piega, è come travolto dalla vitalità di Gesù, sembra magnetizzato da quello sguardo posato su di lui, da quella parola perentoria. Si alza e cammina dietro al Maestro.
§ La scena passa ora dalla strada alla tavola. Mangiare insieme è segno di confidenza, di desiderio di intimità. Il pasto segna un tempo di vita condivisa, di gioia e di pace, un tempo di famiglia. Gesù vuole condividere la vita con questi peccatori.
§ Nel Vangelo c’è sempre una sottile ironia su questo tema: peccatori lo siamo tutti, ma alcuni dei presenti al pranzo non si sentono tali. Gesù è venuto ad abbattere il muro che gli uomini avevano innalzato. Egli non vuole tenere lontani i peccatori, estrometterli, allontanarli. Al contrario vuole condividere la sua vita con loro per risanarli, riportarli in vita.
§ Coloro che guardano (ma non si coinvolgono) criticano Gesù, ma non lo fanno apertamente. Sibilano nelle orecchie ai discepoli. Non accettano il movimento vitale di Gesù, la sua forza che rimette in cammino. Scambiano la loro immobilità rigida con la verità immutabile su Dio, e proprio per questo non lo riconoscono presente. L’istinto di giudicare impedisce loro di capire.
Gesù risponde con un proverbio che segna la condizione per seguirlo: riconoscersi malati, peccatori.


Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

Essere credenti significa essere gente in cammino in ricerca. I discepoli di Gesù non si sentono mai “i giusti”, quelli a posto, quelli che hanno capito. Al contrario essi si sentono peccatori, mancanti, e questa è proprio la condizione che li porta a lasciarsi coinvolgere nel cammino di Gesù. Sentirsi peccatori, un po’ malati non significa fare il piagnisteo, o sentirsi sempre addosso un po’ di condanna. Non significa vivere di sensi di colpa, da eterni “sbagliati”, che si gratificano di penitenze o di autocommiserazioni. Riconoscersi peccatori significa anzitutto essere realisti, riconoscere che non siamo padroni della vita, degli altri, del mondo, che abbiamo bisogno di essere liberati da sentimenti cattivi, da lacune, mancanze che ci “ammalano” perché ci avvicinano alla morte più che alla vita.

Nel nostro cuore è sempre in agguato la tentazione di erigere un muro, da una parte i buoni, dall’altra i cattivi. Da un lato gli amici, coloro dei quali ci interessiamo, dall’altro i nemici e coloro che ci sono indifferenti. Gesù è venuto ad abbattere questo muro, anche dentro il nostro cuore. Il Maestro ci insegna che giudicare non è una nostra priorità, anzi, non ci è proprio possibile: quando lo facciamo, sbagliamo. Piuttosto siamo chiamati a coinvolgerci e coinvolgere gli altri nel grande movimento di Gesù, nel suo cammino di salvezza, lasciando agli altri la stessa libertà che lui lascia a noi.

Come Levi anche noi abbiamo una storia, delle radici, a volte sane, a volte malate. Siamo anche noi “figli di…” e i nostri genitori hanno lasciato in noi segni positivi e ferite, forza e debolezza, sicurezze e insicurezze, aperture e chiusure… e abbiamo alle spalle un passato, fatto di cose buone e di errori, di successi e insuccessi, che a volte può farci sentire paralizzati, “tarlati”. La Parola di Dio ci raggiunge proprio lì, dentro la nostra storia. Quel “seguimi” risuona nella nostra vita senza che possiamo giustificarci dicendo “non sono capace”, “non sono all’altezza”, “non ho le forze”, “ormai la mia vita ha preso questa piega”…

il giudizio e la “separazione con muro” è una delle tentazioni che dobbiamo fuggire. Così come dobbiamo cercare di rompere la crosta di immobilismo che a volte avvolge la nostra vita e la nostra fede.

Riconoscere i nostri peccati, non è ostacolo ma condizione per incontrare Gesù. I sani (coloro che si credono tali) non hanno bisogno di lui.

martedì 21 novembre 2017

Mostraci il tuo volto - secondo incontro

Il lebbroso purificato

 Mc 1,40-45

1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?».

8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Àlzati, prendi la tua barella e cammina»? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».




§ Dopo la guarigione del lebbroso (Mc 1,45) Gesù era stato costretto a rimanere fuori dai villaggi. Dopo qualche giorno vi ritorna, e subito si diffonde la voce di lui. Gesù attira molta gente, ma per la maggior parte dei casi questa folla è spinta solo da curiosità, o comunque non ha motivazioni sufficienti per coinvolgersi con Gesù.

§ Davanti a tutta questa gente Gesù annuncia la Parola. La priorità del Maestro è chiara: offrire a tutti la buona notizia (vangelo) che in lui, Dio è presente in mezzo al suo popolo, e nel suo Amore vuole compiere per i suoi figli il miracolo della guarigione e della vita nuova.

§ Ad un tratto la scena cambia. Quattro uomini ne portano un quinto, paralitico, su una barella. La loro fiducia in Gesù è evidente: a costo di portare il paralitico ai suoi piedi tentano ogni strada. Decidono di togliere parzialmente la copertura della casa (cosa possibile vista la fattura delle case) affrontando una situazione faticosa e complessa. Il primo ostacolo che affrontano è proprio quello della folla, indifferente e insensibile al punto da formare un muro impenetrabile.

§ Ci si aspetterebbe che Gesù, vista la fede di chi lo ha portato a lui, guarisca il paralitico. Il Maestro invece decide di tirar fuori il tema del peccato. I miracoli che egli compie sono solo un segno della sua missione. Il potere di guarire miracolosamente il corpo è segno del suo potere di guarire l’uomo in maniera molto più profonda, liberandolo dalla malattia spirituale del peccato.

§ Le sue parole sono piene di Amore (figliolo). Nello stesso momento rivelano il peccato e lo tolgono. Nessuno fino a quel momento avrebbe potuto sapere che quell’uomo è peccatore, Gesù lo sa perché sa leggere nella profondità del cuore. Egli però non è venuto a condannare o a svergognare, ma per liberare, guarire; la sua Parola è potente: mentre dichiara il peccato lo perdona, lo cancella. Quell’uomo è ristabilito nella sua relazione con Dio perché era peccatore ma non lo è più.

§ …per capire meglio… Il peccato è descritto dall’AT con molte parole che rendono l’idea del “mancare il bersaglio”, sia nel senso del non raggiungere un obiettivo  (distorsione/deviazione: non sei quello che dovresti essere, scambi il bene con il male…) sia nel senso dell’infedeltà (vivi relazioni ipocrite, compresa quella con Dio). Il Peccato è dunque una malattia dello spirito, che falsa e inquina l’uomo da dentro. In questo senso essa è più grave di quella del corpo, che aggredisce l’uomo da fuori. Gesù è venuto a guarire l’uomo in modo radicale, a partire da dentro, dal peccato.

§ Per la prima volta si presentano sulla scena gli oppositori di Gesù: sono i cuostodi della legge, gli interpreti della volontà di Dio, eppure non riconoscono Gesù come proveniente da Dio. Gesù legge anche nel loro cuore dubbioso e scandalizzato… per questo da loro un segno. La sua parola sarà o no capace di cancellare i peccati? Difficile verificarlo, visto che il peccato non si vede. Allora Gesù mostra la potenza della sua parola facendo un miracolo più piccolo di quello del perdono, ma ugualmente impossibile agli uomini e, questa volta, verificabile: Guarisce il paralitico!

§ Tutti si meravigliano e lodano Dio. In qualche modo cioè, riconoscono che Gesù viene da Dio. nonostante questo, non molti lo seguiranno sul serio.

Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

La parola di Gesù è potente, sa cambiare il cuore, sa guarire l’anima. Il Vangelo è una buona notizia per me. So accoglierlo con spirito di gratitudine, di meraviglia, di coinvolgimento?

Quattro portano uno… quanto è difficile a volte portare qualcuno al Signore, o lasciarsi portare a lui da qualcun altro, eppure tutti ne abbiamo bisogno.

Lasciarsi portare è difficile a causa del nostro orgoglio… eppure a volte abbiamo bisogno di chiedere consiglio o aiuto a qualcuno per progredire nel cammino della fede, perché ci troviamo come paralizzati, incapaci di muoverci in una direzione o nell’altra, incapaci di vedere dentro di noi, di capire, di prendere forza per affrontare le nostre nebbie…


Portare qualcun altro al Signore è frutto di grande fede, e anche di disponibilità a fare fatica. In questo dobbiamo farci sempre aiutare… anche qui mettendo da parte l’orgoglio, condividendo con qualcuno il nostro desiderio di portare al Signore una persona, un amico, un membro della nostra famiglia per pregare insieme per questo scopo…

Anche noi a volte dobbiamo affrontare la folla. Credenti solo di nome, fratelli di fede che vivono il contrario di ciò che professano, scandali, una diffusa superficialità, ma anche pregiudizi, condizionamenti, ritmi di vita… qual è la nostra folla? Che cosa, di solito, nelle nostre giornate, si mette come ostacolo tra noi e il Signore?

La Parola di Gesù accolta nel cuore è potente, cambia la vita! Se ci mettiamo in gioco con il Maestro, la sua potenza ci guarisce da tutto ciò che ci inquina, che ci fa mancare il bersaglio di un’umanità serena e realizzata. Gesù ha il potere di guarire, di guarirci. Abbiamo il coraggio di riconoscere le nostre distorsioni, il nostro peccato, quello che paralizza il cuore, le relazioni, alcuni aspetti della nostra vita? E… abbiamo il coraggio di metterlo davanti al Signore nella preghiera, con umiltà, ma anche con grande fiducia?

Gli scribi dubitano del potere di Gesù. A volte anche noi dubitiamo di questo potere, anche se per motivi diversi… perché crediamo solo in noi stessi… perché non riusciamo a trovare un modo autentico di entrare in relazione con il Signore… per debolezza… perché semplicemente non abbiamo mai seriamente provato a metterci in gioco con lui…

Mostraci il tuo volto - primo incontro


Il lebbroso purificato

 Mc 1,40-45

40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.



All’inizio della sua vita pubblica, subito dopo la chiamata dei discepoli, Gesù cerca di comunicare la sua identità attraverso dei segni miracolosi che la rivelino. Egli è il Cristo, il Figlio di Dio.

Legge e pregiudizio

La lebbra è una malattia che si porta dietro una grave disgrazia esistenziale. Per evitare il contagio il malato è costretto, per legge e per senso di realtà, ad isolarsi, abitando lontano dai villaggi e dagli altri uomini e, al limite, in compagnia di altri lebbrosi. La legge stessa lo prescrive, e gli impone anche di avvisare da lontano del suo arrivo:§ deve suonare un campanello e gridare in modo che gli altri possano stargli lontano. Sembra che i contagiati formassero a volte dei veri e propri gruppi di “disperati”

Secondo un pregiudizio drammatico, la lebbra viene interpretata come un castigo divino. Essa quindi rende il malato “impuro”, cioè inadatto anche alla relazione con Dio.

Purezza? Ma la purezza non aveva a che fare con la sessualità? Questo è un pregiudizio diffuso e restrittivo. Puro significa non alterato, non inquinato. (Per questo l’infedeltà di coppia si chiama adulterio, perché rende l’amore adulterato privandolo della fedeltà).

Uno trasgressore. L’altro, trasgressivo?

Il Avvicinandosi a Gesù il lebbroso sfida la legge di Israele; non avrebbe dovuto farlo. Evidentemente ormai la sua condizione di schiavitù è diventata insopportabile per lui.

Gesù invece la infrange proprio la legge. Non lo fa per spirito di trasgressione, Egli è più grande della legge, è Dio stesso nella persona del Figlio, venuto a portare una salvezza più grande degli schemi degli uomini. Gli uomini si salvano stando lontani dal lebbroso, Dio avvicinandosi al lebbroso salva lui!

Le parole degli uomini sono spesso vuote, parole appunto, ma senza cuore, senza sentimenti, senza fatti, senza felicità, senza capacità di cambiare le cose… La parola-volontà di Gesù è potente, diventa immediatamente fatto concreto, come quella di Dio! Il lebbroso è purificato.

Fenomeno o relazione?

Il lebbroso non deve dire niente! Fuori dalla relazione con Gesù, il miracolo rischia di diventare impossibile da comprendere. Sembra strano, fuori schema, roba da visionari, da gente poco normale. Ascoltando il racconto della guarigione la gente non ne cercherà il senso profondo, si fermerà allo stupore superficiale o all’interesse immediato.

…infatti l’entusiasmo del lebbroso guarito si trasforma in problema enorme per Gesù. Ora il Maestro patisce le stesse conseguenze che il lebbroso pativa a causa della malattia: è costretto a non entrare più nelle città.

Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

Di che cosa potrebbe essere simbolo la lebbra nella mia vita? Quali realtà, quali sentimenti, quali ferite mi tengono lontano dagli altri o da qualcuno?
La “lebbra” può essere simbolo anche della mia appartenenza. Faccio parte di un gruppetto di relazioni, fuori di lì… nulla… è la lebbra della “protezione esclusiva”. Ho trovato un gruppo di persone con le quali non serve che mi metta in gioco, vivo sintonia. (…come le anitre che migrano, come i pinguini che marciano?...) Ci sto bene… che c’è di male? C’è che non investi te stesso… non tocchi le cose grandi della vita… c’è che quella modalità di relazione ti contagia, non te la togli più di dosso… e alla lunga… ti uccide…

Quali sono i fatti e le realtà della mia vita che mi fanno sentire “impuro”, cioè non adatto, non degno di una relazione libera e piena con Dio?

Posso provare a mettere queste “malattie” davanti a Dio. Egli non ha paura delle mie inadeguatezze, non teme di avvicinarsi a me. Quello che io credo mi tenga lontano da lui, non tiene lui lontano da me. Gesù infrange i limiti dell’uomo, abbatte ogni muro per raggiungerci, per entrare in contatto, in relazione con noi.

La parola superficiale degli altri disturba, sembra superstizione, chissà, forse a volte anche lo è. Ma non dobbiamo mai confondere quello che si dice di Gesù, della fede, del Vangelo… da quel che la fede è, dal volto vero di Gesù Cristo, dalla potenza vera del Vangelo. Queste cose possono essere conosciute solo in prima persona!

La Parola di Dio è parola potente, che guarisce, risana, ridona vita. Credo profondamente a questo? Posso chiedere a Dio stesso che mi aiuti a credere alla sua Parola.