Cerca nel blog

sabato 23 gennaio 2016

Abitudini o relazione?

Cosa vuoi dalla tua vita?

Gv 2,1-11

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Fanno festa a Cana, ed una festa è il luogo per eccellenza dove godere di relazioni gioiose. Chi fa festa ha un motivo per essere pieno di gioia, e vuole moltiplicarla condividendola con gli amici. A Cana però, il vino è finito, è esaurito l’ingrediente della gioia! Festeggiano perché si deve, ma è finito l’entusiasmo, si è spento il calore, è annebbiata la gioia, affievolita la motivazione. Festeggiano, ma non di cuore, e festeggiare per formalità è forse la cosa più triste che possa accadere.
Maria guarda questa festa, ha compassione di queste vite, di queste relazioni, decide di intervenire. Gesù la onora con un appellativo elevato a quel tempo (donna), si sente preso in causa dalla sua compassione e, rispondendo, offre già una via di soluzione. Che relazione c’è tra Maria e Gesù, tra una donna d’Israele e il suo Dio fatto uomo?

La relazione di Israele con Dio è descritta bene da quelle giare di pietra e dal loro uso. Sette è il numero della pienezza, ma le giare sono sei. Parlano di una religiosità mancante, carente, che non sa dare pienezza, che ha esaurito il vino della gioia, dell’entusiasmo. Una religiosità nella quale rischiamo di cadere tutti, fatta di leggi e di morale (erano lì per la purificazione) con il rischio di veder male dappertutto e di non purificare davvero il cuore. Una religiosità alla quale manca il calore e la gioia di una relazione vera. Un po’ come pagare le tasse… lo si può fare per dovere, ma difficilmente con un sentimento di calore, di pienezza. Una religione che si aggrappa al “si è sempre fatto” e “si è sempre detto”, a volte per rigidità, a volte solo per pigrizia mentale. Questa religiosità è ormai morta, non sa far sentire gioia, non sa ravvivare le motivazioni della vita, non sa illuminare la strada, non sa di niente…

La relazione nuova che Gesù cerca (cosa vuoi da me?) è proprio quella che Maria vive, una relazione di fiducia totale, e perciò di totale coinvolgimento e abbandono! “Qualsiasi cosa vi dirà, fatela!” …non fate quello che si è sempre fatto, non fate quello che l’abitudine vi suggerisce, non fate solo secondo gli insegnamenti ricevuti! Non basta, magari può servire, ma essere credenti è diverso. Credere significa cercare una relazione vera, di fiducia totale, e proprio in questa relazione accade ogni giorno il miracolo della gioia, il prodigio di un cuore riempito di entusiasmo, di forza, di calore, di motivazione… solo Dio può compiere questo miracolo!

Gesù guarda me oggi, e mi ripete la domanda: “Che cosa vuoi da me?”. Chi vuole gioia, risponda con la stessa fiducia di Maria!