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domenica 24 marzo 2019

Un anticipo di luce

Un volto splendente
Lc 9,28-36

La Trasfigurazionedi Sieger Köder
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.


Ormai i discepoli lo avevano intuito, Gesù, il Maestro, è quel Messia che Israele attende da secoli. Alla domanda di Gesù: “Voi, chi dite che io sia?” Pietro risponde deciso: “Il Cristo di Dio”. Mai i dodici si sarebbero aspettati il seguito del discorso. Gesù conferma le loro intuizioni, ma dipingendo un Messia troppo lontano dalle loro attese. Non un vincitore, un trionfatore, un glorioso regnante che impone la sua autorevole legge con la sola presenza sfolgorante. Gesù è sì il Messia, ma un Messia rifiutato, ingiustamente condannato, messo a morte, che solo alla fine di questo dramma vedrà il trionfo della risurrezione. E se questo non bastasse a sconvolgere i discepoli, Gesù dice loro apertamente che dovranno vivere la sua stessa esperienza, prendendo la croce ogni giorno. La prospettiva è sconvolgente. Com’è possibile che la salvezza di Dio passi dalla croce? Come può la strada verso il bene definitivo passare attraverso una tale vergognosa tragedia?

C’è bisogno di aiutare i discepoli a vedere un po’ più in la, di far loro intuire un orizzonte più grande. C’è bisogno che risplenda un po’ di sapienza di Dio nei loro cuori, solo così potranno affrontare una situazione così umanamente inspiegabile. 
Per offrire ai discepoli questo aiuto, bisogna avvicinarsi a Dio, salendo sul monte, luogo privilegiato dell’incontro con lui.

Sul monte, Gesù prega, cercando ristoro nell’amore del Padre per quel crescere di fatica che, come uomo, egli sperimenta. I discepoli invece, sopraffatti dalla situazione, vinti da qualcosa di troppo grande per le loro forze, cadono addormentati. Al risveglio si trovano davanti ad una scena straordinaria. Gesù è come illuminato da dentro, da una luce che fa risplendere fuori dalla natura umana l’altra sua natura vera, profonda, quella divina. Il volto di Gesù che risplende di divinità non è però l’unico segno straordinario. Egli sta conversando con Mosè ed Elia. Il primo, rappresentante della legge, il secondo dei profeti. L’uno e l’altro, eminenti rappresentanti della storia di Dio con il suo popolo. L’argomento della conversazione è proprio quell’esodo, quel passaggio per la croce, che Gesù deve affrontare, e che tanto sconvolge il cuore dei suoi. Il messaggio della visione è chiaro. Quel drammatico passaggio di cui Gesù parla, quella drammatica prospettiva della croce, per quanto possa sembrare assurda, è proprio quella giusta. Non si sono sbagliati i discepoli: Gesù è proprio il Messia, ed è proprio quella della croce la sua via, ma quel volto trasfigurato vuole rassicurarli che la morte non sarà l’ultima parola. La risurrezione di cui Gesù ha parlato sarà realtà.

L’espressione di Pietro, ingenua, inadeguata, utile a colmare l’imbarazzo di non sapere cosa dire, proclama però una grande verità. Vedere il mondo alla luce di Dio, della sua storia con l’umanità, è bello. Illuminata dalla Parola, la vita risplende della sua originaria bellezza, quella che il creatore stesso le aveva impresso. Alle sue parole fanno eco quelle del Padre, che fa sentire la sua voce per confermare ed esortare i discepoli. Non devono dubitare, il discorso della croce non deve farli vacillare. Proprio lui è il Figlio, è proprio lui l’eletto. Per questo, la cosa giusta da fare per loro è ascoltarlo, obbedire a lui. 

La trasfigurazione ci insegna una legge importante della vita di fede, della spiritualità del credente. Non è possibile per noi comprendere la strada di Dio, e quindi nemmeno la nostra dietro a lui. La via della croce, quella da caricare ogni giorno sulle spalle, non fa parte delle nostre corde. Non è concepibile per noi che sia attraverso il perdersi che ci si ritrova, e che la rinuncia costituisca il nostro unico vero guadagno. Allora, quando la via di Dio ci risulta incomprensibile, c’è bisogno di cercare lui, di lasciarsi guidare dalla sua luce. C’è bisogno di affrontare con coraggio la fatica di cercare l’incontro, e poi di restare alla sua presenza, perché la sua luce vinca gradualmente la tenebra del nostro cuore, e possiamo finalmente intuire quanto le sue vie siano più sagge delle nostre. C’è bisogno di ascoltare, di fare spazio alla sua Parola, perché illumini la nostra, troppo corta di vedute. C’è bisogno di una sosta sul monte per rinfrancare il cuore, perché si rafforzi in noi la certezza che la fiducia in lui vale più di ogni nostro ragionamento.

mercoledì 20 marzo 2019

Un super inganno

Pietre e pane
Lc 4,1-13

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». 

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
affinché essi ti custodiscano;
e anche:
Essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
Gesù gli rispose: «È stato detto:Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.


Chi non vorrebbe liberarsi dai limiti, dalle mancanze dell’umanità? Chi non vorrebbe essere continuamente tormentato dai bisogni, la fame, la sete, il sonno e la stanchezza, e molti altri generi di fame e sete che ci affliggono… chi non vorrebbe avere tutto sotto controllo, in modo da non dover essere più tormentato dal passato, impaurito dal futuro, messo alla prova da un presente pieno di imprevisti? Chi non vorrebbe poter avere una relazione più semplice con un Dio più a portata di mano, un Dio che semplicemente risponda alle nostre richieste? La realtà, è che questo uomo, o meglio, questa specie di superuomo non esiste. Forse a volte vorremmo avere almeno qualcuna delle capacità di questo superuomo, e magari il fatto di essere invece uomini e donne normali ci fa arrabbiare, ma questi desideri in noi, nascondono qualcosa di molto pericoloso.

Il Vangelo ci fa scoprire infatti qualcosa di inquietante: la descrizione di questo superuomo, senza bisogni, senza imprevisti, capace di controllare tutto, perfino la relazione con Dio, è un’idea di uomo diabolica. Il Diavolo stesso la propone a Gesù, e lui, il maestro, la rifiuta in maniera decisa. Ma perché? 

L’uomo è creatura di Dio, fatto a sua immagine, fatto per vivere in relazione con il suo creatore. La tentazione di fare senza Dio è vecchia come l’umanità, è originaria, è quella tentazione che il serpente suggerisce ad Eva nel paradiso terrestre. Mangiare l’albero per diventare come Dio e non avere più bisogno di lui. Eppure ci farebbe comodo liberarci un po’ dalle nostre miserie, dalle nostre incompletezze. Perché dev’essere così sbagliato farlo? 

Dietro la proposta di satana, sta qualcosa di ben più grave. Chi vuole accarezzare questo sogno, questa brama di autonomia, di grandezza deve pagare il prezzo di un drammatico inganno. Può ambire alla presunzione di essere “super” solo chi si prostra davanti al diavolo. Che sporco tranello: una proposta di autonomia che però ci rende schiavi. una proposta di potere, che però ci chiede di sottometterci ad un potere. Diventare potenti, svincolati da tutto e da tutti, significa diventare anche prede, destinate a consumarsi servendo i propri privilegi. Questo è l’inganno definitivo che ci convince che questa idea di superuomo è da fuggire come la morte. Sì, la morte, perché la vita è di Dio, e chi si sottomette a qualcuno o qualcosa che non sia Dio non può che trovare morte. 

La proposta di Gesù è luminosa. Per trovare la strada della sua realizzazione, l’uomo non deve immaginarsi diverso, sognare di essere “super”. La via del suo compimento, della sua pienezza, passa piuttosto da alcuni passaggi che il Maestro percorre prima di noi, quasi per aprirci la strada. Prima di tutto, chi sente il desiderio di realizzare la propria umanità, deve passare dalla strada faticosa di mettersi davanti a se stesso, nella verità, riconoscendo la realtà della propria persona e della propria umanità. C’è bisogno di tirare via pensieri di giudizio, auto giustificazioni, bugie che raccontiamo a noi stessi per paura o per fragilità. Ecco il deserto, il luogo dell’essenzialità, dove non si possono portare maschere, ma si vive a contatto con una realtà che spinge a liberarsi dei fronzoli, a tenere ciò che è davvero necessario, autentico. 

Nel deserto Gesù non va da solo, ma sostenuto dallo Spirito Santo. Senza questa potente compagnia noi non possiamo entrare in quel deserto che ci mette con forza davanti alla verità di noi stessi. 

Accompagnato dallo Spirito, Gesù vince la tentazione di essere autosufficiente, e conferma la sua scelta: riconoscere Dio e abbandonarsi a lui in una fiducia piena. I gesti di Gesù ci fanno capire che la vera libertà non consiste nell’essere liberi da vincoli, ma nel non vincolarsi a cose che non sanno dare vita, non possono darla, o peggio a realtà che promettono la vita con l’inganno ma poi la tolgono. 

L’uomo cammina verso la sua pienezza quando sa vivere con i propri bisogni, ma non ne diventa schiavo, non si fa accecare dal loro morso. Bisognoso, ma sempre capace di riconoscere qual è il suo bisogno primario: quello di restare in relazione con Dio.

L’uomo cammina verso la sua pace non quando pretende di controllare tutto, ma quando, riconoscendo di non poter gestire la realtà, si abbandona con serenità nelle mani di colui che guida la storia, e che, anche attraverso gli imprevisti della vita, certamente lo condurrà al suo bene.

L’uomo mostra la sua grandezza non quando pretende di piegare a se la volontà di Dio, ma quando è capace di sottomettere la sua volontà non a mille pressioni, ma solo a Dio, l’unico degno di ricevere obbedienza.

Questo è molto più che un super-uomo, è l’uomo nell’orizzonte di Dio. In questo sta il vero potere dell’uomo, nella possibilità che ha di servire non chi lo inganna e lo rende schiavo, ma chi lo custodisce e lo guida al bene con lo stesso amore grande e gratuito con il quale lo ha creato.

mercoledì 13 marzo 2019

Simulazioni pericolose

Quel che appare e quel che è


Mt 6,1-6.16-18

State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto,perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.



C’è una malattia da debellare, un virus da sconfiggere, un male che rischia di contagiare tutti gli ambiti della nostra vita. Per tre volte, in tre contesti diversi Gesù ci mette in guardia dal contagio degli ipocriti e del loro modo di fare. Ma qual è di preciso l’arte degli ipocriti? Una sola parola: simulazione. 

Gli ipocriti sono simulatori, di più: sono simulatori di se stessi. chi vede un ipocrita vede una maschera, dietro la quale non è mai chiaro quale sia l’identità vera. Dietro la maschera, gli ipocriti si sentono protetti, ma non stanno certo tranquilli. Mantenere un’identità che non è loro è un grande sforzo che non permette riposo. Hanno continuamente bisogno di mettere a punto le loro strategie per nascondere ciò che li imbarazza, per apparire esattamente come desiderano. Ovviamente la parte più importante del loro lavoro è la verifica del funzionamento. Una maschera serve per apparire in un certo modo, e per sapere se funziona davvero bisogna capire come reagiscono gli altri. Così la ricompensa per il lavoro degli ipocriti consiste nel grado di convincimento che la loro maschera suscita in chi li guarda. Complicato? Abbastanza, ma spesso altrettanto spontaneo. 
Comprendiamo quanto l’ipocrisia serpeggi nella nostra quotidianità se ci confrontiamo con il suo contrario: l’autenticità. Non fare come gli ipocriti significa cercare di essere autentici, con se stessi, con gli altri, con Dio. Lo sappiamo bene: solo l’impegno di essere autentici con noi stessi è complicato e faticoso, a volte perfino doloroso. Quante volte all’autenticità preferiamo un po’ di superficialità? Quante volte pensiamo che per la profondità non c’è tempo, e che ce la concederemo come un lusso quando avremo finito con tutti gli altri impegni?

La quaresima allora è tempo di autenticità, da ritrovare e praticare in tre direzioni. L’elemosina ci indica la relazione con gli altri, e ci invita a viverla con un atteggiamento di autentica condivisione. La carità non è un gesto esteriore che lava la coscienza, ma un’esigenza del cuore che riconosce nell’altro un fratello. Il digiuno ci indica la relazione con noi stessi, e ci aiuta a diventare forti nel far fronte ai nostri bisogni perché non diventino nostri padroni. La preghiera è una dimensione fondamentale della nostra vita, da vivere nell’intimità, non cercando sempre il premio per i nostri meriti o le soluzioni per i problemi della vita che ci sembrano grandi e ingiusti. Pregare significa essere se stessi davanti a Dio, scoprirsi amati anche nelle cose che noi stessi non amiamo di noi, lasciare che la luce di Dio entri nel cuore e metta in evidenza quelle schiavitù alle quali siamo tanto affezionati, ma dalle quali forse è giunto il tempo di liberarsi.

C’è ben altro, ben di più da dire su questi tre esercizi quaresimali, ma se questo tempo ci aiuterà a vivere queste tre dimensioni della vita liberandoci da un po’ di ipocrisia, stiamone certi: vedremo in ogni caso abbondanti frutti di bene, di pace, di libertà.