Cerca nel blog

martedì 13 gennaio 2015

A sostegno del cambiamento

Viene il più forte

Mc 1,7-11


In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».


Se cerchiamo di immedesimarci in questo episodio della vita di Gesù, scopriamo non pochi motivi di sorpresa e di riflessione! Marco non racconta i fatti dell’infanzia del Maestro. Lo fa comparire all’improvviso, già adulto! Giovanni lo annuncia, dicendo che egli è “il più forte”. Nel resto del Vangelo, Marco guiderà il suo lettore a scoprire che quest’uomo è il Messia, il Figlio stesso di Dio! Per questo sorprende che egli entri in scena così, presentato come uno che viene da Nazareth, e per di più mentre compie un gesto singolare, strano, difficile da capire! Perché il Figlio di Dio, il Messia, dovrebbe scendere in quell’acqua che serve ai peccatori come segno del loro impegno a cambiare vita? Proviamo a comprendere meglio questo gesto: Giovanni propone un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, m chi sono quelli che vanno da lui? Proviamo a ripercorrere idealmente la loro esperienza. Capita nella vita di sentirsi abbastanza a posto. Capita però, in momenti di particolare lucidità, di rendersi conto, non senza fatica e sofferenza, dei propri limiti, delle scelte sbagliate, degli errori, dei percorsi che rischiano di portare danno, o lo hanno già portato… capita di percepire che si è lontani dall’accogliere Dio, dal vivere secondo la proposta splendida della sua Parola. A volte ci si ripiega su se stessi, si fugge da questa presa di coscienza, altre volte invece si cerca il modo di migliorare, di decidere per il cambiamento. Giovanni propone il Battesimo come un segno, di riconciliazione e di ripresa. Riprendere il cammino cercando Dio, questo è l’obiettivo del Gesto. Ed ecco la sorpresa: Dio, non è dall’altra parte del fiume ad attendere il cambiamento. Dio non è a debita distanza, per controllare se quella promessa sarà mantenuta. Dio scende nel fiume con chi cambia, per solidarizzare. Gesù scende nel fiume per mostrare in maniera silenziosa ma concreta il suo sostegno a chi decide di cambiare, di dare spazio al miglioramento, di camminare verso il bene. Dio non cerca di primeggiare, non cerca il modo e il luogo per avere visibilità e ricevere consenso dagli uomini! Dio è orgoglioso, compiaciuto del Figlio perché egli, nel silenzio, senza fare rumore, si mette là, al fianco di chi accetta di cambiare, al fianco di chi si impegna a convertire il cuore, per renderlo sempre più capace di fedeltà a Dio, di amore! Dio non ci attende lontano, è al nostro fianco, a sostenere il nostro impegno di cambiare il cuore per cambiare il mondo! Eliminiamo dalla mente l’immagine di un Dio che ci attende alla fine del cammino per valutarci: Dio è con noi per sostenerci, lasciamo che cammini al nostro fianco. Invochiamo la sua presenza, accogliamolo perché ci aiuti a tenere vivo il desiderio di cambiare ogni giorno il cuore, di cercare ogni giorno di amare in modo più pieno, autentico. Accogliamo questo Dio e viviamo secondo il suo stile, senza cercare consensi, ma mettendoci con silenziosa generosità a fianco di chi cerca di camminare, di chi ha bisogno di un incoraggiamento per riprendere il cammino. Questo concreto silenzio, avrà davvero valore!

giovedì 8 gennaio 2015

La strada buona... è quella nuova!

Per un’altra strada

Mt 2,1-12


Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.


Per un’altra strada! I Magi cambiano rotta! L’incontro con Dio cambia la vita, la porta su un’altra strada! Se avessero percorso la strada di prima, i magi avrebbero dovuto per forza accettare due compromessi: quello con il turbamento di Gerusalemme e quello con la violenza di Erode. Ci sembra strano ma è così. Quando la fede non sa rinnovarsi, quando non lasciamo che il Vangelo ci porti su altre strade, su strade migliori di quelle di ieri, noi diventiamo credenti turbati, affezionati ad un passato morto, e in fondo anche un po’ violenti. Il turbamento di Gerusalemme viene, in fondo, dalla rigidità con cui questa gente vive la fede. Il loro è un credere prevedibile, calcolabile, che sta perfettamente dentro gli schemi umani, che non turba i meccanismi sottili del potere e dell’interesse personale. Una fede che non sa entusiasmare, ma che almeno non rompe le scatole. Una fede che non sa più dare senso alla quotidianità, che non sa spingere l’entusiasmo, ma che almeno se ne sta tranquilla in un angolo del cuore, come una vecchia abitudine, tanto domestica quanto sterile. Una fede che non sa affascinare le giovani generazioni perché non partorisce belle persone, ma al massimo crea qualche abitudine. Dio entra nel mondo, e questa fede abitudinaria e stanca rischia di essere il primo ostacolo sulla sua strada. Purtroppo però c’è di peggio: Questa fede infatti, rischia sempre di difendersi, e chi difende se stesso spesso ricorre alla violenza, sottile o esplicita che sia. Erode uccide i suoi possibili, futuri avversari. Il credente “modello Gerusalemme” uccide l’entusiasmo e l’iniziativa, fa della fede un motivo di giudizio e di esclusione, trasforma la vita di comunità in un pretesto per far valere, come Erode, il proprio potere, la propria idea, la propria fazione. Questa vecchia idea di fede costringe tutto dentro schemi personali e non produce credenti, ma al più rigidi brontoloni, che si turbano proprio davanti a ciò che dovrebbe stupirli e rallegrarli! I Magi diventino il nostro modello: loro che non hanno preteso di conoscere Dio, di sapere già come ci si comporta da credenti, ma si sono messi a cercare! Anche in noi nasca il desiderio di cercare, perché la ricerca ci porti all’incontro, e l’incontro ci indichi ogni giorno strade nuove, per vivere e annunciare il Vangelo, per lasciare che l’Emmanuele, il Dio-con-noi, diventi Dio-in-noi! La novità del Vangelo infranga ogni vecchia abitudine e ci guidi ogni giorno di nuovo per un’altra strada, una strada migliore, la strada sempre nuova del Vangelo!

mercoledì 7 gennaio 2015

Una speranza quotidiana

 Il tempo della Benedizione 


Nm 6,22-27

Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.




Poco prima di questo passo l’Angelo annuncia a Maria la nascita di un bimbo che “Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine… sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.” (Confronta Lc 1,32-35).  Con queste parole impresse nella mente, non dev’essere stato semplice per Maria affrontare i disagi, gli inconvenienti, le stranezze, le apparenti incongruenze della nascita di Gesù. Questo bambino grande, destinato a regnare, a salvare il mondo, nasce imprevedibilmente nel bel mezzo di un inatteso obbligato viaggio; In un paese diverso dal loro, lontani dalle famiglie di origine, Maria e Giuseppe vivono la nascita di Gesù tra l’indifferenza generale, senza nessun segno di solidarietà. Gli unici a visitare questo grande Re, sono personaggi senza alcuna rilevanza sociale come i pastori, i quali raccontano sì della loro esperienza straordinaria, gli angeli li hanno inviati a Betlemme, ma non depongono a favore della grandezza di questo nuovo nato. Maria però non cede all’inganno delle apparenze. Non ha fretta di interpretare, non si fa prendere dalla paura di ciò che appare inspiegabile e problematico. Questa giovane donna non cede all’inganno del male, che gioca le sue carte a partire dalle apparenze e da ciò che è vistoso. Maria sa che il bene non fa rumore, che lo stile di Dio è discreto e silenzioso, e non cerca l’apparenza ma la sostanza. Maria tace, custodisce nel cuore, e con questo ci insegna a non lasciarci travolgere troppo in fretta da ciò che capita, a non lasciarci convincere troppo facilmente che Dio ci ha abbandonati. Senza questo atteggiamento di sapiente silenzio, rischiamo di cadere in due tentazioni. Prima di tutto, rischiamo di pensare che il bene non ci sia, attratti e distratti dal rumore clamoroso del male, e invece il bene c’è, Dio continua a garantirlo per noi, ed ha bisogno di cuori saggi, che lo accolgano e nei quali possa fare le radici. La seconda tentazione: dimenticare il bene, aggrediti come siamo dalla paura di molti rumorosi mali. Nel silenzio del cuore, nell’umiltà di chi non pretende di capire tutto subito, custodiamo gelosamente la certezza che Dio continua ad accompagnarci con il suo bene, che la sua benedizione è con noi, che sempre di nuovo, contro ogni apparenza ed ogni rumoroso e vistoso male, egli ci stringe la mano e ci guida, attraverso le traversie della vita, sulla strada del bene e della salvezza!