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mercoledì 7 gennaio 2015

Una speranza quotidiana

 Il tempo della Benedizione 


Nm 6,22-27

Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.




Poco prima di questo passo l’Angelo annuncia a Maria la nascita di un bimbo che “Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine… sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.” (Confronta Lc 1,32-35).  Con queste parole impresse nella mente, non dev’essere stato semplice per Maria affrontare i disagi, gli inconvenienti, le stranezze, le apparenti incongruenze della nascita di Gesù. Questo bambino grande, destinato a regnare, a salvare il mondo, nasce imprevedibilmente nel bel mezzo di un inatteso obbligato viaggio; In un paese diverso dal loro, lontani dalle famiglie di origine, Maria e Giuseppe vivono la nascita di Gesù tra l’indifferenza generale, senza nessun segno di solidarietà. Gli unici a visitare questo grande Re, sono personaggi senza alcuna rilevanza sociale come i pastori, i quali raccontano sì della loro esperienza straordinaria, gli angeli li hanno inviati a Betlemme, ma non depongono a favore della grandezza di questo nuovo nato. Maria però non cede all’inganno delle apparenze. Non ha fretta di interpretare, non si fa prendere dalla paura di ciò che appare inspiegabile e problematico. Questa giovane donna non cede all’inganno del male, che gioca le sue carte a partire dalle apparenze e da ciò che è vistoso. Maria sa che il bene non fa rumore, che lo stile di Dio è discreto e silenzioso, e non cerca l’apparenza ma la sostanza. Maria tace, custodisce nel cuore, e con questo ci insegna a non lasciarci travolgere troppo in fretta da ciò che capita, a non lasciarci convincere troppo facilmente che Dio ci ha abbandonati. Senza questo atteggiamento di sapiente silenzio, rischiamo di cadere in due tentazioni. Prima di tutto, rischiamo di pensare che il bene non ci sia, attratti e distratti dal rumore clamoroso del male, e invece il bene c’è, Dio continua a garantirlo per noi, ed ha bisogno di cuori saggi, che lo accolgano e nei quali possa fare le radici. La seconda tentazione: dimenticare il bene, aggrediti come siamo dalla paura di molti rumorosi mali. Nel silenzio del cuore, nell’umiltà di chi non pretende di capire tutto subito, custodiamo gelosamente la certezza che Dio continua ad accompagnarci con il suo bene, che la sua benedizione è con noi, che sempre di nuovo, contro ogni apparenza ed ogni rumoroso e vistoso male, egli ci stringe la mano e ci guida, attraverso le traversie della vita, sulla strada del bene e della salvezza!

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