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martedì 19 aprile 2016

Esperienza passata o relazione presente?

Ripartire dall’Amore

Gv 21,1-19


In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».



…”io vado a pescare” …”Veniamo anche noi!”. Come i discepoli, anche noi rischiamo di vivere la fede come una parentesi, l’incontro con il Signore come un fatto isolato della nostra vita. Al limite pensiamo che la Parola sia un racconto con una morale, un criterio da mettere in pratica nella quotidianità. Pietro torna a fare quello che faceva prima. Ora Gesù è morto e risorto, la vicenda è in qualche modo conclusa. Si torna alla vita normale dunque, arricchiti di un’esperienza in più. La fede vissuta in questo modo però è fallimentare come la pesca di quella notte. Nessun pesce nella rete, nessun guadagno per il cuore, che diventerà capace di seguire leggi, ma che non si sentirà riempito di gioia, di realizzazione, di energia nuova. Gesù abbandona ne i discepoli ne noi a questi pensieri riduttivi e sbagliati. Egli continua a farsi presente. Ci risulta difficile, quasi impossibile riconoscerlo nella confusione del cuore che le nostre giornate ci portano a vivere, eppure egli c’è. Giovanni, il discepolo della relazione più intima e profonda con il Maestro, lo riconosce. Pietro corre da lui. Lo incontrano, egli li ristora con il cibo, il fuoco acceso, la sua presenza di pace, poi si rivolge a Pietro e fa una domanda che raggiunge noi: “Mi ami?”. Gesù non è un Maestro al quale obbedire, non un legislatore da temere. Egli cerca con noi una relazione, ed è a partire da essa che il nostro cuore cambierà, e con esso la nostra vita. Non serve l’amore eroico (“mi ami” traduce questo dalla lingua greca); è sufficiente che ciascuno di noi apra il cuore ad una fede che è relazione di accoglienza, di amicizia con Gesù. (…mi vuoi bene?). Apriamo il cuore al Signore, egli conosce tutto di noi. Cerchiamo da lui non una legge da rispettare, un insegnamento da praticare. Il suo dono è molto più grande: egli ci offre il suo amore da accogliere. Lasciamo che il nostro cuore si riempia di questo amore: allora la nostra fede sarà davvero capace di illuminare tutta la vita.

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