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sabato 10 luglio 2021

La saggezza di saper attendere

 La scommessa di gettare un seme

 

 

[Gesù] 26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

 


***

 

Gettare un seme sembra il gesto di un momento, ma è in realtà una grande scommessa. 


 

Quest’uomo scommette sul seme. Conta sulla sua fecondità, l’esperienza lo rassicura. Sa che germoglierà, ha seminato molte altre volte. Eppure, quel piccolo seme, resta in parte sempre misterioso, e il gesto di gettarlo comporta sempre un po’ di fatica.

 

Il seminatore scommette su delle condizioni che non dipendono da lui. Certo, vigilerà sul suo seme. Si accorge per questo che il frutto è maturo, perché non ha abbandonato il seme, lo ha seguito nel suo germogliare, nel suo diventare stelo e spiga, nel suo maturare il chicco pieno. La sua vigilanza però nono può custodire del tutto questo processo. Egli deve accettare che la sua opera sia in parte esposta a forze più grandi di lui. Basta una tempesta di grandine al momento sbagliato.

 

Questo contadino scommette infine su se stesso. Mette in campo esperienza, energia, disponibilità, costanza, dedizione, ma non solo. Egli deve vigilare su se stesso. L’opera in fondo breve della semina, è seguita da una lunga attesa, e l’attesa scatena sempre nel cuore una lotta. Paura e fiducia si combattono, la smania di controllare tutto e la coscienza del proprio limite si affrontano. Si affollano all’orizzonte le domande: che ne sarà del seme? Che ne sarà di colui che lo ha seminato? Alla fine sarà ricompensato o tradito? Quando finirà l’attesa? Il seminatore potrà veder ricompensata la sua fatica contemplando il frutto del suo lavoro?

 

Il regno vive dentro questa attesa, questa lotta. Il seme dell’annuncio gettato ha bisogno di tempo per germinare. La Parola di Dio annunciata con parole e gesti, lavora nel segreto dei cuori. 

Chi la semina, deve essere disposto ad attendere con pazienza, a portare in cuore la fatica del tempo che passa, a custodire le domande buone senza lasciarsi travolgere dalla loro forza, a scacciare le domande sbagliate, a chiedere luce allo Spirito per distinguere le une dalle altre. 

Chi semina deve essere disposto a vigilare in silenzio, ravvivando nel cuore la speranza del buon esito del suo lavoro, ma anche riconoscendo che la fecondità sfugge al suo controllo. La fatica della vigilanza deve essere mossa da amore gratuito, per il seme, per chi lo riceve, per i frutti che forse matureranno. Chi semina, insieme al seme deve essere disposto a dare gratuitamente se stesso. 

 

Contro ogni efficientismo, contro ogni pretesa di programmare e verificare, ecco la spiritualità del discepolo. Mentre aderisce al regno è chiamato a diventarne costruttore, seminando Parola di Dio nella forma della vita vissuta prima che delle parole dette, e vivendo la stessa logica di dono del Maestro, una logica di totale amore e gratuità, di profonda cura e di rispetto della libertà di chi accoglie il seme, ma anche di libertà del seminatore. Il suo cuore deve infatti essere libero da paure, da desideri di conferma, da smanie di autoaffermazione, tutto affidato al Signore, suo unico bene, tutto proteso a seminare, restando in vigilante attesa che il seme produca frutto a suo tempo.

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