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domenica 30 giugno 2024

Presenza che valorizza


Lasciar andare per far crescere

 

 

Mc 4,35-41

 

In quel medesimo giorno, venuta la sera, [Gesù] disse loro: «Passiamo all'altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

 

***

 

“Non t’importa che siamo perduti?” ecco una delle nostre tentazioni più grosse: pensare che Dio non si importa di noi, non condivide le nostre ansie, non è in pena per i pericoli che affrontiamo, non ha compassione per le nostre sofferenze. La lettura superficiale del brano ci spinge ad un pensiero addirittura peggiore: non è stato forse Gesù a spingere i discepoli alla traversata? Perché mai ora non li aiuta? A che gioco sta giocando il Maestro?

 

La chiave di lettura che ci aiuta a comprendere questo episodio è quella che Gesù stesso ci fornisce: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” eh si! La fede e la paura sono opposte. La paura può inquinare la fede fino ad alterarla del tutto, e la fede può dissolvere la paura fino a liberarci completamente dalla sua stretta. In realtà la paura serve, ha un compito fondamentale nella nostra vita: ci aiuta a difenderci dai pericoli. Quando però prende il sopravvento, rischia di farci interpretare tutto come un pericolo, e alla fine, di convincerci a rimanere in porto, di spingerci insomma a vivere in difesa. Così rintanati però, finiamo per soffocare. La vita ha bisogno di essere vissuta attivamente, da protagonisti. Ad ogni livello ed in ogni condizione c’è bisogno di mettersi sempre di nuovo in discussione e in gioco. Certo, navigare comporta una certa quantità di rischio, ma in fondo è proprio non navigando che si corre il rischio più elevato, quello dell’asfissia. 

 

Non si può restare in porto bisogna navigare, per questo è fatta una nave. Ecco perché Gesù spinge i discepoli ad attraversare il lago. Ma perché, verrebbe da chiedere, proprio di notte, mentre c’è buio, e proprio quella notte, nella quale una burrasca li avrebbe sorpresi? Le traversate al buio fanno parte della vita, così come ne fanno parte le burrasche, che non sono sempre e del tutto prevedibili. Gesù ci mostra il volto di un Dio che non accende sempre un lampione davanti a noi per rassicurarci, che non sempre toglie di mezzo le burrasche, ma che sempre abita le notti e le tempeste con noi. Va bene, verrebbe da dire, Gesù c’è sulla barca, ma dorme! Non è forse irresponsabile da parte sua? Non sembra che non si importi della sorte dei suoi? Che non partecipi alle loro fatiche? …e se invece quello di Gesù fosse un atteggiamento spinto dalla fiducia? Il Maestro non è un uomo di mare. La sua esperienza è legata alla terra, al legno, alla bottega di suo Padre Giuseppe. Gesù sa che invece, tra i suoi discepoli, è diffusa l’esperienza marinara. Alcuni di loro sono pescatori, e della loro esperienza Gesù si fida. Dio si fida di noi. Conta sulle nostre capacità, sulla nostra esperienza. Sa che abbiamo delle risorse da mettere in campo, ed attende fiducioso che lo facciamo. Gesù si sente al sicuro, conta sull’esperienza dei suoi! Piuttosto è il loro atteggiamento ad essere discutibile. Sanno che il maestro sulla barca, ma vivono come se egli non ci fosse. Conoscono bene la potenza di Gesù, ma contano esclusivamente sulle loro forze fino all’orlo del fallimento. Non è forse questo il vero errore? 

 

Fuori dall’immagine della parabola, anche per noi è così. Dio c’è, ci stimola a giocarci, non ci toglie il buio e la tempesta, le vive con noi. Dio non è assistenzialista, non fa al nostro posto. Forse lì per lì ci piacerebbe, ci farebbe comodo, ma alla lunga sarebbe terribile. Un Dio che spazza via dalla nostra strada ogni difficoltà ci direbbe con i fatti che siamo incapaci, che non valiamo nulla, che senza un “aiutino” non siamo capaci di vivere…  Dio invece ci conosce, ci stima, sa che abbiamo energie e capacità da mettere in gioco, e che è proprio esprimendo le nostre risorse che realizziamo la nostra vita. Per questo c’è, ma non fa l’interventista. La sua presenza serve a renderci più lucidi, a liberarci in ogni momento dalla paura. Lui c’è, e contando sulla sua presenza possiamo sempre di nuovo salpare. Lui c’è, con lui e vale la pena di affrontare ogni burrasca. La tentazione sempre alle porte è quella di ritirarci nelle nostre trincee, per poi ritrovarci a contare solo su noi stessi. Da lì nascono le proteste: “non ti importa che moriamo?”… ma se ci sembra che lui sia lontano, è solo perché, sopraffatti dalla paura, abbiamo vissuto un tratto di strada come se lui non esistesse. Il Maestro però è sempre lì, sulla barca con noi, pronto ad intervenire, sempre disposto a vivere traversate buie e tempeste al nostro fianco. Impariamo allora a vivere alla sua presenza. Impariamo a contare su di lui. Abituiamo il nostro cuore a fare radici in questa certezza: Dio è sulla barca con noi, sempre! Più queste radici saranno profonde, più saremo liberi dalla morsa della paura, liberi di esprimere fino in fondo le nostre risorse, liberi di ricorrere al suo aiuto quando all’orizzonte si addensano nubi di tempesta. Con lui, e non senza di lui sapremo valutare da soli qual è il limite che non conviene oltrepassare, qual è il momento di ricorrere alla sua forza. Con lui, e non senza di lui, saremo davvero liberi, e sperimenteremo la nostra forza insieme alla sua. 

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