La misura con la quale misurate...
Mc 4,1-34
1 Cominciò di nuovo a insegnare
lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito
su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a
terra lungo la riva. 2Insegnava loro molte cose con
parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3«Ascoltate.
Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre
seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la
mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul
terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il
terreno non era profondo, 6ma
quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra
parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede
frutto. 8Altre parti caddero sul terreno buono e diedero
frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per
uno». 9E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
10Quando poi furono da soli,
quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle
parabole. 11Ed egli diceva loro: «A voi è
stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto
avviene in parabole, 12affinché / guardino, sì, ma
non vedano, / ascoltino, sì, ma non comprendano, / perché non si
convertano e venga loro perdonato».
13E disse loro: «Non capite questa
parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14Il seminatore semina
la Parola. 15Quelli
lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando
l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Quelli seminati sul
terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono
con gioia, 17ma
non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di
qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono
meno. 18Altri sono quelli
seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma sopraggiungono le
preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre
passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20Altri ancora sono
quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola,
l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
21Diceva loro: «Viene forse la lampada per
essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa
sul candelabro? 22Non
vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di
nascosto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per
ascoltare, ascolti!».
24Diceva loro: «Fate attenzione a quello
che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi,
vi sarà dato di più. 25Perché
a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».
26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un
uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il
seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce
spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella
spiga; 29e quando il frutto è
maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare
il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di
senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi
che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e
diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua
ombra».
33Con molte parabole dello stesso genere
annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non
parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
§
Prima di questi fatti
o Gesù proclama la venuta
del regno
o …poi la proclamazione
diventa gesto: il regnare di Dio chiama gli uomini a coinvolgersi in prima
persona, guarisce le malattie, caccia i demoni, ristabilisce gli uomini in una
vita buona. Gesù vuole mostrare la presenza di Dio con fatti significativi, ma
chi lo guarda sembra cogliere solo il gesto, non il suo significato profondo.
o L’annuncio di Gesù va incontro ad un’impressionante ondata di incomprensione e rifiuto: “tutti
ti cercano” 1.37; “perché costui parla così? Bestemmia!” 2,7; “perché mangia e
beve insieme a pubblicani e a peccatori?” 2,16 “perché i tuoi discepoli non
digiunano?” 2,18; “perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?”
2,24; “…rattristato per la durezza dei loro cuori” 3,5; “Tennero consiglio
contro di lui per farlo morire” 3,6; “..i suoi… dicevano: è fuori di se!” 3,21;
“è posseduto da Beelzebul” 3,22;
§ A questo
punto Gesù si mette a parlare in parabole. (I semitismi di questo capitolo ci fanno capire che esso è di
origine più antica rispetto alle versioni degli altri evangelisti.) Perché le parabole? Esse sono un modo per interpretare il mistero della vita, per
guardarlo da un altro punto di vista. Per Gesù sono anche un modo per coinvolgere i suoi ascoltatori nel suo
punto di vista. L’annuncio in gesti non ha coinvolto gli ascoltatori, che
si sono limitati al massimo allo stupore. Essi però non sono stati capaci di
passare dai fatti al significato.
§
Prima di tutto l’ascolto!
o Gesù ripete un invito
presente in tutto l’AT (vedi ad es. Dt 6,4): ascoltate! Esso fa da cornice al
racconto del seminatore, lo troviamo infatti in apertura (4,3) e in chiusura
(4,23), dove l’espressione “se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti” non ha il
sapore di invettiva (…se volete ascoltare altrimenti arrangiatevi) ma è piuttosto
un’esortazione a coinvolgersi. Il vedere è più passivo, più spontaneo, ma
soprattutto più calcolatore. L’ascolto è più personale, più attivo, più capace
di coinvolgere l’intera persona.
o Nel versetto 24 Gesù chiederà anche di fare attenzione a quello che si ascolta: se ascoltare significa
fare spazio dentro la vita a una presenza, allora chi accoglie la sua
Parola/presenza imparerà a “misurare” le cose secondo la sua sapienza, a
lasciarsi misurare da lui, fuggendo la tentazione di misurare/misurarsi. Chi
non accoglie la sapienza di Dio diventerà sempre più incapace di comprenderne
la presenza.
o
“a voi è dato…” un
privilegio per pochi? Il mistero del regno è Gesù stesso con la sua presenza. Il
Verbo incarnato è Dio stesso presente tra gli uomini. Per questo esso non può
essere compreso del tutto, ne misurato o incasellato in schemi umani. D’altra
parte Dio si è fatto uomo tra gli uomini proprio per manifestarsi a loro.
Questa manifestazione non sarà mai completa e definitiva, ma avverrà dentro la
dinamica di una relazione stabile che tanto più si approfondisce quanto più dura nel tempo. Il corsivo del
vers. 12 è una citazione di Isaia (Is 6,9-10). Il significato dell’espressione
non vuole dire una condanna ma una possibilità sempre rinnovata di
misericordia, fino a quella finale.
§
Chi guarda la vicenda di Gesù potrebbe pensarla già fallimentare. Gesù però interpreta le
cose in un’ottica molto diversa. Nonostante ogni evidenza transitoria, egli sa
che la sua vita è custodita da Dio, e così la sua missione. È Dio che fa
crescere il regno, e lo fa in maniera misteriosa. D’altra parte la vita
stessa per noi è misteriosa, con le sue sproporzioni e i suoi paradossi. Se
Dio, nella sua misteriosa sapienza, fa crescere il suo regno, un regno di
liberazione da ogni male e oppressione, un regno di bene e di salvezza, allora
per Gesù bisogna sperare contro ogni
speranza, contro ogni evidenza, contro ogni buon senso solo umano. Il seme
cresce da se, (4,26-29) e i frutti che porta non sono proporzionati alla sua
dimensione o visibilità (4,30-32). Esso non offre riscontro immediato, quindi
chiede fiducia.
§
Lavoro di seminare, veglia, per
raccogliere, generosità per consegnare ad altri.
§
Sulla parabola del seminatore:
o Il tema non è sconosciuto al tempo di Gesù, ne nella cultura
ebraica ne in quelle vicine, ma egli lo interpreta in chiave del tutto
nuova, con un particolare taglio autobiografico, che però vuole
essere anche didattico: raccontare la sua esperienza, interpretandola dal
suo punto di vista, perché chi lo vuole possa liberamente coinvolgersi nella
sua avventura.
o La faccenda della semina ha un legame culturale con l’abitudine
ebraica. Il fatto che il seme finisca sulla strada o tra le spine, a noi sembra
frutto di un lavoro fatto male, con imperizia, disattenzione, trascuratezza. Nelle
condizioni di lavoro e nelle abitudini di Israele questo era del tutto normale,
almeno tanto quanto la possibilità che il seme venisse mangiato dagli uccelli
o Il vero dato spropositato è la
resa del seme. Nel caso della semina andata a buon fine Gesù parla di una
resa minima del trenta per uno. A quel tempo la resa stimata di una semina era
del sette, massimo otto per uno!
§ Alcuni
spunti per cercare il “senso spirituale”
Portiamo nel
cuore una sottile tentazione, quella di guardare noi stessi e la realtà a
partire da una pretesa. Essa viene
dai nostri progetti, e di solito ci mette in difficoltà. Pretendere significa
attendere un risultato automatico e proporzionato, ma la vita ci
impedisce di pensare che le cose vadano così. Allora, a volte, la pretesa si
trasforma in una specie di “resa” e diventa restrizione (ho questo e
nessuno deve toccarmelo, del resto non mi interessa), qualunquismo e
minimalismo (mi accontento di quello che viene), rassegnazione delusa… Gesù ci
insegna a guardare la vita da un punto di vista diverso, a riferirci non ai
nostri progetti e pretese, ma al grande
piano di salvezza di Dio. questo ci impedisce di diventare pretenziosi, ma
anche di trasformarci in gente delusa, rassegnata, sconfitta. Questo nella vita
come nell’annuncio del Vangelo.
Gesù ci insegna a non preoccuparci delle proporzioni della nostra fede o della
nostra testimonianza (granello di senapa) e nemmeno della possibilità di godere in breve dei frutti. (l’albero farà ombra
agli uccelli, non al seminatore). Non godiamo forse noi stessi i frutti della
semina di altri? Nel piano di Dio tutto ha un posto, per questo dobbiamo comportarci
come il seminatore saggio, il quale si coinvolge nell’avventura del regno, ma
lo fa senza pretese, e ad esse sostituisce la saggezza del tempo opportuno, la
capacità di vegliare, di osservare, di cogliere i frutti quando sono maturi,
non lasciandoseli sfuggire a causa della fretta o della disattenzione.
Abbiamo bisogno di imparare ad
ascoltare… la Parola di Dio e la nostra stessa vita. Dobbiamo imparare la
sapienza di riconoscere nelle nostre vicende la presenza sapiente di Dio. il
nostro cuore rischia di essere così distratto da non cogliere i segnali di
bene, o di allarme, che vengono dalla nostra quotidianità, dalle nostre
relazioni. Abbiamo bisogno di ascoltare, e di conseguenza dobbiamo imparare a
fare silenzio, a concentrarci, a far tacere i ragionamenti perché parli la
realtà, perché parli il nostro corpo, il nostro cuore, perché parli Dio.
La nostra vera domanda davanti
alla Parola non è “che cosa devo fare?” …piuttosto dobbiamo imparare a
chiederci: chi sono io? (ad esempio non sono quello che ha fatto la realtà…
sono figlio amato…)…di chi sono? (di Dio, delle mie preoccupazioni, dei miei
calcoli), verso dove cammino? (verso la realizzazione dei miei progetti o verso
il futuro che Dio mi prepara?) chi è Dio per me?
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