Trovare pace
Mt
11,25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore
del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti
e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua
benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio
se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale
il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che
sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio
giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
* * *
Sembra impossibile, ma il dettaglio più strano e un tantino
fastidioso di questo Vangelo è un punto di partenza ideale per comprendere
l’esultanza di Gesù. Il giogo è uno strumento di fatica, richiama alla mente
uno sforzo animale e sembra strano e fastidioso che Gesù lo proponga ai suoi
discepoli addirittura come fonte di ristoro. A pensarci bene però, una vita che
rifiuta la fatica, rifiuta ad un tempo di mettersi in gioco, di investire
energia in qualsiasi cosa, e finisce fatalmente per svuotarsi, diventando
triste e insignificante. La vera questione saggia per una persona è chiedersi
in che cosa valga la pena di investire le proprie energie. La proposta di Gesù
è un’alternativa a quella che la tradizione ebraica considerava da secoli
l’unica proposta possibile.

“…mite e umile di cuore…” pensieri sparsi…
Un cuore assetato di Dio, che trova nella conoscenza della
sua parola una fonte alla quale abbeverarsi, sarà colmo di gratitudine per la
possibilità che ha di scoprire ogni giorno di nuovo un tratto del volto
splendido di Dio. Imparerà sempre cose nuove, si arricchirà di conoscenza e la
accoglierà nell’umiltà perché la considererà un dono; godrà con semplicità e
limpidezza di quello che sa; sarà grato per aver avuto questo dono e non avrà
mi la pretesa di appropriarsene. Un autentico credente non riterrà il suo
essere piccola creatura una condizione da vivere con senso di inferiorità, con
invidia, non cercherà di liberarsi dalla percezione della sua piccolezza ne
costruirà muri per nasconderla o armi per difenderla. Sarà invece mite.
Riconoscerà sempre di nuovo la sua piccolezza, mai considerandola motivo di
sconforto ma sempre affidandola a Dio e al suo amore. Un credente sa che la sua
piccolezza è amata, desiderata, una perla che Dio considera preziosa. Gesù si
trova davanti ad un panorama ben diverso da questo. Coloro che hanno avuto la
fortuna di conoscere la legge di Dio, la sua Parola, la esibiscono come una
dimostrazione di superiorità. Conoscere la legge non è servito loro ad
accogliere Dio, ma ad appropriarsi indebitamente di uno strumento di potere.
Dicono e non fanno, sanno ma non vivono. Legano pesanti fardelli, ma non
vogliono spostarli neppure con un dito. Invece che imparare dalla legge l’umiltà,
l’hanno trasformata in strumento di superbia. Invece di considerarla strumento
per aprire il cuore a Dio e porre in lui la sua fiducia, si sono fidati solo
del proprio sapere. Quante volte sperimentiamo questa tentazione? Quante volte
ci ritagliamo un pezzetto di legge da rispettare, e sulla quale fondare la
nostra certezza? Quante volte rischiamo di sentirci a posto, o fuori posto, non
perché abbiamo cercato Dio ma perché ci sentiamo fedeli o trasgressori?
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