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venerdì 27 dicembre 2024

...Dalla porta di servizio

Un filo luminoso

 

Lc 2,1-20 - https://www.bibbiaedu.it/CEI2008/nt/Lc/2/

 

Dice di garantire la pace, e lo fa praticando la violenza. 

Viene proclamato salvatore del mondo e intanto opprime, sottomette, semina terrore e morte. 

Esercita un potere sconfinato, ma questo potere non gli conferisce libertà, lo fa invece schiavo, continuamente imprigionato nella necessità di mantenere il potere stesso. 

Estende il suo dominio grazie ad una catena di potere, fatta di superiori e inferiori, percorrendo la quale si trovano ogni sorta di ipocrisie, inganni, sotterfugi, doppiezze e varie amenità di questo genere. 

Con le sue decisioni muove popoli, causa migrazioni, impone spostamenti, costringe a fughe e disagi interi gruppi di persone, a causa del loro essere indesiderate, o semplicemente per aver preso decisioni a loro scapito. 

Censisce la popolazione perché ha bisogno di gratificare il suo ego, facendo sapere a tutti quante persone sono sotto il suo dominio, ma soprattutto perché deve sapere da quanti sudditi può riscuotere le tasse. Questioni economiche insomma, con le quali sempre il potere ha a che fare. 

Cesare Augusto, Quirinio e molti altri fanno parte di questo panorama al tempo di Gesù. Un bel garbuglio, difficile da leggere e da comprendere fino in fondo. Un garbuglio fatto di spire, nodi, doppi giri e passaggi ingannevoli, percorsi tortuosi e ambigui, sempre incerti, ma alla fine sempre a favore dei più forti, di coloro che hanno più mezzi, più conoscenze, più voce, più potere da esercitare, e sempre a sfavore dei poveri, dei piccoli, degli ultimi.

 

Un bel garbuglio che si ripete ai nostri giorni. 

Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri, inganni così ben congegnati da sembrare verità, verità che l’umanità ha guadagnato con il sudore di molta ricerca spacciate per complotto. 

Poveri che invece di solidarizzare tra loro si fanno la guerra, incolpando altri poveri di responsabilità che provengono da ben più in alto. 

Poteri economici che mettono al centro il profitto ad ogni costo, contro le persone, contro la giustizia, contro ogni parvenza di bene comune.

Potenti che seducono i poveri promettendo di servirli… ma si può mai credere a una promessa tanto paraddossale? Eppure sono molti quelli che ci credono, e che rincorrono questi tali, riponendo in loro speranze di pace e di salvezza, e non accorgendosi che costoro alimentano solo l’ingiustizia, madre della guerra. Non servono che se stessi, oppure altri poteri e altri potenti, intrappolati come sono nell’ambiguo garbuglio della storia umana.

 

Un bel garbuglio anche nei cuori di ciascuno. Gioie e dolori, successi e fallimenti, sogni e illusioni. Amore che si intreccia con dubbi e sofferenze, domande che spingono in avanti e domande che rodono e tolgono il fiato. Ferite mai rimarginate, vittorie e sconfitte, strade spianate e nodi mai sciolti, relazioni che danno luce e forza e relazioni che imprigionano e soffocano… Quanto ancora potremmo andare avanti nel descrivere il garbuglio del cuore? Ciascuno, forse, conosce il proprio.

 

Con tutto ciò, dopo tanta attesa, nella storia e nei cuori giunge il Natale. Dio entra in ognuno di questi garbugli. Nel tortuoso e inestricabile intreccio di fili, sta anche il filo luminoso della sua misericordia. Dio entra nella storia e lo fa in maniera del tutto sorprendente. Imperatori e re, ricchi e potenti amano fare i loro ingressi sempre dalla porta principale, per essere ammirati, notati, guardati, acclamati o al limite anche contestati, ma sempre al centro dell’attenzione. Amano esibire i loro averi e godere dei loro privilegi.

 

Dio invece, sorprendendo tutti, entra nella storia e nei suoi garbugli dalla porta di servizio, quella che varcano a testa bassa i poveri e gli emarginati. Quella dalla quale si entra senza essere guardati e acclamati, riconosciuti e ammirati. 

Non a Roma ma ai confini dell’impero, in una sperduta regione. 

Non nella città principale di Gerusalemme ma nello sperduto villaggio di Betlemme. 

Non nel palazzo di un potente ma in un rifugio di fortuna. In un luogo e in una situazione totalmente inadatta ad un neonato nasce il Figlio di Dio, ignorato da tutti e già ora fatto oggetto di quel rifiuto che tornerà prepotente a visitarlo e lo trascinerà sulla croce. 

Eppure è proprio in questo bambino, fragile e indifeso, emarginato e impotente che noi riconosciamo il vero Salvatore del mondo. Solo da lui viene la vera salvezza, per la nostra vita e per il mondo. Da lui, che dirà parole limpide, che prometterà senza ingannare, che mostrerà il suo volto senza maschere, che resterà per sempre libero, per sempre capace di Amare. Questo bambino è l’unico portatore di un potere sano, che è potere di amare e donare la vita, di redimere e salvare. L’unico che può promettere la vita perché è sua e non la riceve da nessuno.

 

Folle si accalcano alla porta principale della storia, spasimando di ricevere anche solo un raggio di quel bagliore che promana dai potenti, di partecipare anche a una sola briciola dei loro privilegi. 

Folle si accalcano per acclamare o contestare, gli un ingannati, gli altri arrabbiati. 

Folle abbassano la testa disilluse, e perduta o quasi ogni speranza, menano una vita mediocre, schiacciando il cuore per soffocare ogni desiderio elevato. Folle, sfiancate dal garbuglio del mondo e da quello del cuore, smettono di vivere, e sopravvivono per anni rispondendo solo a bisogni materiali, perdendo un tratto dopo l’altro, ogni parvenza di umanità.

 

Noi non possiamo metterci in fila con nessuno di loro. Non possiamo accalcarci in nessuna di queste resse. Nessuna di queste prospettive ci può bastare. Non è qui che troveremo il Salvatore del mondo. Egli è entrato dalla porta di servizio, quella da cui entrano i fragili i piccoli i poveri. Ecco dove lo troveremo. 

 

Incontreremo il nostro Salvatore se avremo il coraggio di guardare con verità il nostro cuore, se ci riconosceremo finalmente fragili e incapaci di bastare a noi stessi. Ci sarà spazio in noi per questo Salvatore, se metteremo da parte la pretesa di presentargli una stanza cinque stelle, e gli apriremo con umiltà il nostro cuore in ingarbugliato. Proprio li dove i nodi stringono di più, egli nascerà, si farà presente, farà vita nuova.

 

Troveremo il Salvatore del mondo se lo cercheremo non là dove l’umanità si mostra potente, autosufficiente, capace di bastare a sé stessa. Lo troveremo là dove l’umanità si manifesta come piccola, fragile, emarginata, inadeguata. Incontreremo di certo il Salvatore se risponderemo alla sua chiamata, come i pastori, e senza la pretesa di essere acclamati o riconosciuti, ci metteremo umilmente in cammino verso la porta di servizio, verso i luoghi dove si radunano i sofferenti, i rifiutati, gli esclusi. Proprio lì, tra i reietti, incontreremo il nostro Salvatore. Proprio in questi incontri egli nascerà, sempre di nuovo, donandoci la sua luce e facendoci segno di speranza anche per coloro che incontreremo.

 

Contro ogni buonsenso umano, è lì, in quelli che l’umanità considera i bassifondi, che faremo esperienza di questo Dio, che nasce e rinasce, portando vita nuova là dove ci sono uomini e donne che la desiderano, che si riconoscono bisognosi di riceverla, che confidano nel suo Amore infinito. 

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