Cerca nel blog

lunedì 21 agosto 2017

Sguardo illuminato

Luce dentro



Mt 17,1-9

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».



C’è bisogno, ogni tanto, di tirare il fiato, di ricaricare le batterie, e Gesù sa che i discepoli ne hanno immensamente bisogno. Quello che affronteranno tra non molto tempo sconvolgerà la loro vita, affonderà nel loro cuore, come lame, dubbi laceranti e drammatici. Dubbi sulla loro scelta di vita, quella di seguire il Maestro di Galilea, venuto ad annunciare il regno di Dio e presto ucciso nella maniera più ingiusta, violenta e infamante possibile. Con sapiente tenerezza, Gesù vuole preparare i suoi a reggere il colpo. Li porta sulla montagna a fare un’esperienza straordinaria. Si mostra per qualche tempo non più velato dal grigio della quotidianità, non più immerso nell’ambiguità del corpo umano che egli ha voluto abitare. Fa splendere sul suo volto la luce della sua divinità, una luce che riaccende la speranza, che fa intuire la sua grandezza, che semina nel cuore dei discepoli una notizia che germoglierà dopo la Pasqua: Gesù è morto per vincere la morte, per risorgere. Per fare questa esperienza però, bisogna faticare, salire dietro al maestro, fidarsi di lui. Abbiamo bisogno anche noi di “scendere” nella vita quotidiana con un bagaglio di luce, di forza di speranza. Troppo spesso, senza questo bagaglio, le vicende delle nostre giornate ci portano via da Dio, ci impediscono di riconoscerlo come il nostro salvatore, la nostra speranza, ci portano a ripiegarci in noi stessi contando solo sulle nostre forze. Le fatiche della vita, gli ostacoli che impediscono il nostro cammino, soprattutto quando sono imprevisti e ci appaiono ingiusti, rischiano di farci perdere le forze, la speranza, la luce della fede. Allora siamo credenti sì, ma sfiduciati, discepoli sì, ma convinti che serva a poco o nulla; Ricordiamo sì qualcosa del Vangelo, ma esso ci appare lontano, poco concreto, inutile. Conosciamo sì qualche tratto del volto di Gesù, ma come se fosse un ricordo, non l’esperienza di una persona presente. Abbiamo bisogno della trasfigurazione, di un’esperienza luminosa della sua presenza. Ne abbiamo bisogno sempre, in modo da essere sempre pronti, perché non sappiamo quando arriverà il nostro Golgota. Per questo dobbiamo scoprire e riscoprire il coraggio di salire sul monte, di faticare cioè, per arrivare a quella preghiera che ci regala l’incontro con Dio. Perché non provarci? Perché non fare queste fatica, facendosi guidare dal Maestro, e anche da chi, prima di noi, ha fatto questa esperienza di incontro profondo, di luce? Perché non fare scorta di questa luce per prepararsi a rischiarare le nebbie che avvolgono a volte la nostra quotidianità?

Nessun commento:

Posta un commento