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lunedì 30 novembre 2015

Un Re strano agli occhi del mondo

Solo la verità è a servizio del BENE

Gv 18,33-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Quando Pilato guarda Gesù, rimane profondamente perplesso. Come può quell’uomo essere re? Com’è possibile che qualcuno abbia avuto paura di lui in quanto pretendente ad un trono? Com’è possibile che egli stesso sostenga questa pretesa regale? Regnare, per Pilato, significa esercitare un potere, mantenerlo con la violenza. Chi regna non si propone, impone a tutti con la forza un’idea di società e di futuro, dei criteri di giustizia, uno stile di vita. Chi sale al potere non cerca il bene di tutti, ma l’interesse materiale della fazione che lo ha sostenuto, e più ancora di se stesso. Spesso le su vittorie e conquiste servono per far grande il suo nome prima della nazione. Il re a cui Pilato pensa, si appropria di privilegi, e in base a questi stabilisce diritti e obblighi degli altri. Reprime i rivoltosi e costringere i non allineati. Il potere non contempla una vera libertà di scelta. Chi assume il potere rischia sempre di cadere nella tentazione di piegarlo ai propri interessi. I re della terra finiscono spesso per disporre degli altri, in modo più o meno esplicito, invece che disporre il bene per tutti. Chi governa alla maniera umana corre sempre il pericolo di lasciarsi affascinare dall’occasione di prendere per se e per i suoi, di perpetrare l’ingiustizia per favorire qualcosa o qualcuno, di forzare le cose con la persuasione o con la violenza per imporre se stesso e la propria idea.

Gesù non vuole lasciare Pilato nella perplessità e nel dubbio, e gli spiega che il suo regno non è di questo mondo, non risponde cioè, in nessun modo, alle logiche dei regni terreni. Per questo Pilato non riesce a riconoscere in Gesù un re!

C’è un principio, nel modo di regnare di Gesù che ribalta la concezione stessa di regno: è il principio di verità. Davanti ad esso la logica dei regni mondani è fatta a pezzi. Gesù vive questa verità innanzitutto in prima persona. Nel suo presentarsi al mondo non ci sono secondi fini. Gesù non dispone degli altri per il proprio interesse, ma dispone di se stesso per il bene di tutti. Egli non chiede di essere riconosciuto e non costringe nessuno a seguirlo, anzi, accetta di essere rifiutato ed abbandonato, ma a quelli che lo seguono, chiede di diventare cercatori della verità. Non c’è modo di accogliere il Regno di Dio, se non accettando la fatica della verità. Verità con se stessi e con gli altri, verità davanti a Dio.

Questa verità in tre direzioni è difficile da vivere. L’istinto più spontaneo che abbiamo è quello di nascondere, davanti a Dio, le nostre miserie e il nostro peccato. Questo però chiude il nostro cuore nel suo limite. Apriamo invece il cuore alla misericordia potente di questo re, consegnando a lui con coraggio il nostro peccato e la nostra fragilità, perché nel suo potere regale egli ci liberi dalla schiavitù. Lasciamoci guidare da lui nelle relazioni con gli altri, perché il nostro cuore non sia reso opaco dalla fatica di essere veri, perché i nostri rapporti non siano annebbiati dalla falsità, perché i nostri gesti siano espressione limpida di carità, non mai frutto di doppiezza interiore, di inquinamento del cuore.


Senza questa passione per la verità, senza il desiderio di presentarci in modo onesto davanti a lui, finiremo per stare sempre dalla parte dei regni mondani, dalla parte di Pilato. Scegliamo come nostro re Gesù Cristo, poiché solo il suo è regno di giustizia, di pace, di bene vero per tutti.

sabato 21 novembre 2015

Investire nel presente

Fuggire o costruire?

Mc 13,24-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

Un mistero, una tentazione, una certezza.

Il mistero riguarda il futuro, quello personale e quello del mondo. Un futuro che non si può prevedere. La nostra vita è soggetto all’imprevisto, e sfugge spesso ai nostri progetti e ai nostri schemi. Ancor più il futuro del mondo è avvolto nel mistero. Nessuno può conoscerne il percorso, ne si può pensare di intuirne il termine. Nessuno dice Gesù, NESSUNO può conoscere il giorno e l’ora.

La tentazione consiste nel tentare di forzare questo confine. Quante volte, anche ai nostri giorni, qualcuno legge gli eventi del mondo come segni della fine imminente, dimenticando che Gesù stesso ha indicato dei segni, ma ha anche detto chiaramente che la determinazione di periodi e di giorni sfugge definitivamente alla ragione dell’uomo. Il Maestro ha annunciato la possibilità che la storia degli uomini sia caratterizzata da momenti nei quali si perderanno i punti di riferimento (sole, luna, stelle). Allora regnerà il disorientamento e serpeggerà la paura.
Questa stessa tentazione a volte si impadronisce della nostra vita: pensiamo a conseguenze lontane dei fatti che ci capitano, proiettiamo le difficoltà del presente in un futuro torbido e triste, oppure ci perdiamo in sogni. Finiamo così per investire le nostre energie nell’immaginare un futuro plausibile, ma l’utilità di questi pensieri, di questo investimento di energie, è spesso nulla. Peggio, questi pensieri rischiano di esserci di intralcio invece che di aiuto!

La certezza: quando succederanno sconvolgimenti, quando crollano i punti di riferimento, i discepoli sapranno che è vicino, alle porte quel Signore che li ha accompagnati per tutta la vita. Proprio il Maestro, del quale hanno accolto la presenza e la sapienza, manderà i suoi angeli perché li radunino, per custodirli. Di che cosa dovrebbero avere paura? Di incontrare quel Signore che li ha guidati, perdonati, indirizzati e guariti, che li ha sostenuti ed accompagnati? Proprio questa certezza serve invece ai discepoli a superare gli sconvolgimenti, ma anche la tentazione della fuga. Essi sanno che sarà il Signore, nella suo amore immenso, a garantire il loro futuro di bene. Per questo non si angosciano per un futuro immaginabile, ma lo costruiscono nel presente. Non disperdono energie a causa della paura, ma le investono nel presente, cercando di accogliere qui e adesso quel Signore che incontreranno faccia a faccia un giorno, cercando di costruire qui, adesso e con Lui quel futuro che, proprio perché nelle Sue mani, non farà più paura. Ma noi abbiamo il coraggio di metterci in gioco QUI E ADESSO?