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lunedì 19 febbraio 2018

Mostraci il tuo volto - sesto incontro

Chi dite che io sia?


Mc 8,22-38

Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».



Ä Prima di questi fatti… All’inizio del cap. 8, per la seconda volta Gesù moltiplica i pani e i pesci; dopo questo grande segno, si manifesta in maniera evidente l’incomprensione, che raggiunge qui un apice drammatico. Se a non capire erano stati prima i farisei con gli erodiani (3,6) e poi i suoi compaesani (6,2-6), qui sono addirittura i suoi discepoli.
Ä Gesù descrive questa incomprensione proprio con l’immagine della sordità e della cecità (vedi 8,18 e 8,21). La guarigione  di 8,22-26 ha allora una portata profondamente simbolica.
Ä Gesù impiega le sue forze per far uscire l’uomo (i suoi discepoli…) dal buio dell’incoprensione, e in questo surplus di fatica non sarà sufficiente un solo intervento risolutivo; sarà invece necessario un progressivo cammino caratterizzato dall’incontro illuminante con il Maestro.


Ä La vicenda del cieco è fatta di personaggi anonimi e passivi. Quelli che conducono il malato non chiedono nemmeno che egli venga guarito, ma solo toccato da Gesù. Il Maestro invece compie una serie di gesti, il primo dei quali è cercare un luogo isolato.
Ä Nonostante il grande impegno (molti gesti) la guarigione riesce solo in parte. Il cieco vede… una realtà deformata. Il nuovo intervento di Gesù lo riporta finalmente alla piena luce e capacità di vedere la realtà.
Ä I verbi che Marco sceglie per raccontare la guarigione sono molto significativi: Il cieco infatti, interrogato da Gesù, dice di vedere (24a, il verbo significa tornare a vedere), ma confessa che la sua vista è deformata, fragile. Dopo il nuovo intervento di Gesù vede chiaramente, (25b, il verbo significa Vedere attraverso), vede distintamente (25c il verbo significa vedere dentro).

Ä Cesarea di Filippo è un posto di confine. Dopo il suo pellegrinare dentro e fuori i confini di Israele, da qui inizia il viaggio che porterà Gesù a Gerusalemme, perché è là che si compiranno le profezie del Messia.
Ä Marco annota che il fatto si svolge per strada, durante il cammino. I discepoli sono chiamati a seguire Gesù, a sceglierlo di nuovo, ad accettare umilmente la sua guida. Per la strada seguirà Gesù un altro cieco guarito: Bartimeo, (10,52). La sua vicenda sarà un esempio di discepolato e concluderà il racconto delle vicende che caratterizzano il ministero di Gesù. Dal capitolo 11 con l’ingresso in Gerusalemme, Marco darà inizio al racconto della passione.
Ä Che cosa dice la gente? I discepoli riportano esattamente le opinioni di cui l’evangelista ci ha parlato in 6,14-15. Per l’opinione comune Gesù è un profeta.
Ä A questo punto però, giudicando implicitamente come inadeguate queste interpretazioni (…ma voi…) Gesù si rivolge ai discepoli:
o   Voi, non tu… una domanda collettiva. Pietro si fa forse portavoce di un’opinione maturata tra i dodici, forse espone la sua a nome di tutti. Sta di fatto che Gesù interpreta la fede come un fatto comunitario.
o   “Tu sei il Cristo!” Una risposta che soddisfa la tensione creata con ripetute domande in tutta la prima parte del Vangelo (chi è costui… che è mai questo…)
o   L’ordine severo di non parlare potrebbe stupire a questo punto… dopo molto mistero, dopo molto silenzio, non è giunto il tempo di dire quello che si è finalmente capito? Gesù sa che la comprensione dei discepoli è in realtà vera ma molto parziale. Sanno che lui è il Cristo, ma in che maniera egli voglia portare a termine questa missione di Messia, questo non lo immaginano, anzi: lo immaginano sbagliando! Si conclude con questa risposta e queto ordine la prima parte del Vangelo. Il primo dei tre annunci della passione aprirà il sipario su una nuova fase del cammino

Ä   In questo contesto risulta chiara la vicenda della protesta di Pietro e del rimprovero di Gesù il quale invita l’apostolo a tornare dietro, cioè a tornare a seguire!

Ä   Se qualcuno vuole… seguire Gesù chiede al discepolo una decisione libera, che comporta l’accettazione di una condizione descritta da tre espressioni:
o   Rinnegare se stessi, cioè togliersi dal centro. Solo Dio è Signore della vita, solo lui può dare la vita, solo lui può portarla al compimento.
o   Prendere la croce significa lasciarsi segnare da Dio, lasciare che egli imprima su di noi il suo sigillo, accettare di fare la strada di Gesù anche a costo di fatica.
o   Seguire Gesù ora ha un significato nuovo, illuminato dalle espressioni che lo precedono.

§ Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

Tutto il resto per Gesù è stato più facile di questo. Cacciare demoni, guarire malati, perdonare peccati, calmare il mare, moltiplicare i pani… La grande cecità dell’uomo è guaribile solo al costo della grande fatica di Dio, e solo chi sa abbandonarsi (passività) a lui può compiere il percorso della guarigione.
Al cuore dell’esperienza cristiana non stanno molte grazie e manifestazioni, ma un’unica grande conversione intorno alla quale pian piano concentrarsi. Non servirà la volontà, ma una progressiva umiltà nell’accogliere il dono.

Cesarea di Filippo è un confine. Quante volte viviamo al confine… tra la fede e una realtà di fatto pagana… e questo da fuori (nelle relazioni con gli altri) ma anche da dentro (nelle zone pagane del nostro cuore)

Sempre la fede è in cammino e in comunità, ci chiede di continuare a metterci in gioco e in discussione e di sostenerci a vicenda, condividendola. Siamo sempre davanti a interpretazioni inadeguate della vita, della spiritualità, della figura di Gesù. A noi la possibilità di dare risposte che vengano dalla frequentazione di Gesù, dall’incontro con lui e dall’ascolto della sua Parola. Lontano da noi la tentazione di pensare che abbiamo capito, che ne sappiamo abbastanza.

Ancora silenzio… perché prima di lasciare che la Parola giunga alle labbra, bisogna custodirla, ruminarla a lungo nel cuore, con il coraggio di lasciarsi limare-ferire, di lasciarsi cambiare da dentro.

La nostra vita è di Dio, per viverla, compierla, salvarla dobbiamo accettare di stare dietro lui, di lasciarci illuminare dalla sua presenza, guidare dalla sua sapienza.

martedì 6 febbraio 2018

Mostraci il tuo volto - Quinto incontro

La misura con la quale misurate...

 Mc 4,1-34

1 Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3«Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un'altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». 9E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».

10Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, 12affinché / guardino, sì, ma non vedano, / ascoltino, sì, ma non comprendano, / perché non si convertano e venga loro perdonato».

13E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? 14Il seminatore semina la Parola. 15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, 17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».
21Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. 23Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».

24Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. 25Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».


33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.



§ Prima di questi fatti
o  Gesù proclama la venuta del regno
o  …poi la proclamazione diventa gesto: il regnare di Dio chiama gli uomini a coinvolgersi in prima persona, guarisce le malattie, caccia i demoni, ristabilisce gli uomini in una vita buona. Gesù vuole mostrare la presenza di Dio con fatti significativi, ma chi lo guarda sembra cogliere solo il gesto, non il suo significato profondo.
o  L’annuncio di Gesù va incontro ad un’impressionante ondata di incomprensione e rifiuto: “tutti ti cercano” 1.37; “perché costui parla così? Bestemmia!” 2,7; “perché mangia e beve insieme a pubblicani e a peccatori?” 2,16 “perché i tuoi discepoli non digiunano?” 2,18; “perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?” 2,24; “…rattristato per la durezza dei loro cuori” 3,5; “Tennero consiglio contro di lui per farlo morire” 3,6; “..i suoi… dicevano: è fuori di se!” 3,21; “è posseduto da Beelzebul” 3,22;

§ A questo punto Gesù si mette a parlare in parabole. (I semitismi di questo capitolo ci fanno capire che esso è di origine più antica rispetto alle versioni degli altri evangelisti.) Perché le parabole? Esse sono un modo per interpretare il mistero della vita, per guardarlo da un altro punto di vista. Per Gesù sono anche un modo per coinvolgere i suoi ascoltatori nel suo punto di vista. L’annuncio in gesti non ha coinvolto gli ascoltatori, che si sono limitati al massimo allo stupore. Essi però non sono stati capaci di passare dai fatti al significato.

§ Prima di tutto l’ascolto!
o   Gesù ripete un invito presente in tutto l’AT (vedi ad es. Dt 6,4): ascoltate! Esso fa da cornice al racconto del seminatore, lo troviamo infatti in apertura (4,3) e in chiusura (4,23), dove l’espressione “se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti” non ha il sapore di invettiva (…se volete ascoltare altrimenti arrangiatevi) ma è piuttosto un’esortazione a coinvolgersi. Il vedere è più passivo, più spontaneo, ma soprattutto più calcolatore. L’ascolto è più personale, più attivo, più capace di coinvolgere l’intera persona.
o  Nel versetto 24 Gesù chiederà anche di fare attenzione a quello che si ascolta: se ascoltare significa fare spazio dentro la vita a una presenza, allora chi accoglie la sua Parola/presenza imparerà a “misurare” le cose secondo la sua sapienza, a lasciarsi misurare da lui, fuggendo la tentazione di misurare/misurarsi. Chi non accoglie la sapienza di Dio diventerà sempre più incapace di comprenderne la presenza.
o   “a voi è dato…” un privilegio per pochi? Il mistero del regno è Gesù stesso con la sua presenza. Il Verbo incarnato è Dio stesso presente tra gli uomini. Per questo esso non può essere compreso del tutto, ne misurato o incasellato in schemi umani. D’altra parte Dio si è fatto uomo tra gli uomini proprio per manifestarsi a loro. Questa manifestazione non sarà mai completa e definitiva, ma avverrà dentro la dinamica di una relazione stabile che tanto più si  approfondisce quanto più dura nel tempo. Il corsivo del vers. 12 è una citazione di Isaia (Is 6,9-10). Il significato dell’espressione non vuole dire una condanna ma una possibilità sempre rinnovata di misericordia, fino a quella finale.

§ Chi guarda la vicenda di Gesù potrebbe pensarla già fallimentare. Gesù però interpreta le cose in un’ottica molto diversa. Nonostante ogni evidenza transitoria, egli sa che la sua vita è custodita da Dio, e così la sua missione. È Dio che fa crescere il regno, e lo fa in maniera misteriosa. D’altra parte la vita stessa per noi è misteriosa, con le sue sproporzioni e i suoi paradossi. Se Dio, nella sua misteriosa sapienza, fa crescere il suo regno, un regno di liberazione da ogni male e oppressione, un regno di bene e di salvezza, allora per Gesù bisogna sperare contro ogni speranza, contro ogni evidenza, contro ogni buon senso solo umano. Il seme cresce da se, (4,26-29) e i frutti che porta non sono proporzionati alla sua dimensione o visibilità (4,30-32). Esso non offre riscontro immediato, quindi chiede fiducia.
§ Lavoro di seminare, veglia, per raccogliere, generosità per consegnare ad altri.

§ Sulla parabola del seminatore:
o  Il tema non è sconosciuto al tempo di Gesù, ne nella cultura ebraica ne in quelle vicine, ma egli lo interpreta in chiave del tutto nuova, con un particolare taglio autobiografico, che però vuole essere anche didattico: raccontare la sua esperienza, interpretandola dal suo punto di vista, perché chi lo vuole possa liberamente coinvolgersi nella sua avventura.
o  La faccenda della semina ha un legame culturale con l’abitudine ebraica. Il fatto che il seme finisca sulla strada o tra le spine, a noi sembra frutto di un lavoro fatto male, con imperizia, disattenzione, trascuratezza. Nelle condizioni di lavoro e nelle abitudini di Israele questo era del tutto normale, almeno tanto quanto la possibilità che il seme venisse mangiato dagli uccelli
o  Il vero dato spropositato è la resa del seme. Nel caso della semina andata a buon fine Gesù parla di una resa minima del trenta per uno. A quel tempo la resa stimata di una semina era del sette, massimo otto per uno!

§ Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

Portiamo nel cuore una sottile tentazione, quella di guardare noi stessi e la realtà a partire da una pretesa. Essa viene dai nostri progetti, e di solito ci mette in difficoltà. Pretendere significa attendere un risultato automatico e proporzionato, ma la vita ci impedisce di pensare che le cose vadano così. Allora, a volte, la pretesa si trasforma in una specie di “resa”  e diventa restrizione (ho questo e nessuno deve toccarmelo, del resto non mi interessa), qualunquismo e minimalismo (mi accontento di quello che viene), rassegnazione delusa… Gesù ci insegna a guardare la vita da un punto di vista diverso, a riferirci non ai nostri progetti e pretese, ma al grande piano di salvezza di Dio. questo ci impedisce di diventare pretenziosi, ma anche di trasformarci in gente delusa, rassegnata, sconfitta. Questo nella vita come nell’annuncio del Vangelo.

Gesù ci insegna a non preoccuparci delle proporzioni della nostra fede o della nostra testimonianza (granello di senapa) e nemmeno della possibilità di godere in breve dei frutti. (l’albero farà ombra agli uccelli, non al seminatore). Non godiamo forse noi stessi i frutti della semina di altri? Nel piano di Dio tutto ha un posto, per questo dobbiamo comportarci come il seminatore saggio, il quale si coinvolge nell’avventura del regno, ma lo fa senza pretese, e ad esse sostituisce la saggezza del tempo opportuno, la capacità di vegliare, di osservare, di cogliere i frutti quando sono maturi, non lasciandoseli sfuggire a causa della fretta o della disattenzione.

Abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare… la Parola di Dio e la nostra stessa vita. Dobbiamo imparare la sapienza di riconoscere nelle nostre vicende la presenza sapiente di Dio. il nostro cuore rischia di essere così distratto da non cogliere i segnali di bene, o di allarme, che vengono dalla nostra quotidianità, dalle nostre relazioni. Abbiamo bisogno di ascoltare, e di conseguenza dobbiamo imparare a fare silenzio, a concentrarci, a far tacere i ragionamenti perché parli la realtà, perché parli il nostro corpo, il nostro cuore, perché parli Dio.


La nostra vera domanda davanti alla Parola non è “che cosa devo fare?” …piuttosto dobbiamo imparare a chiederci: chi sono io? (ad esempio non sono quello che ha fatto la realtà… sono figlio amato…)…di chi sono? (di Dio, delle mie preoccupazioni, dei miei calcoli), verso dove cammino? (verso la realizzazione dei miei progetti o verso il futuro che Dio mi prepara?) chi è Dio per me?


lunedì 5 febbraio 2018

Mostraci il tuo volto - Quarto incontro

Nuovi familiari

 Mc 3,13-21.31-35


13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15con il potere di scacciare i demòni. 16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; 18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì. 20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». 33Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».


§ Prima di questi fatti…
o   Vino nuovo in otri nuovi; una novità radicale.
o   Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato, Il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato; il primato delle relazioni.
o   L’Israele ufficiale rifiuta Gesù e si propone di eliminarlo (3,6)
§ Tra i due brani: la bestemmia contro lo Spirito Santo.
§ Salì sul monte – Il monte è il luogo dell’incontro con Dio, della presenza di Dio in relazione all’umanità. questo gesto di Gesù ricorda Mosè (ad es. in Es 19,3). Gesù è Dio, sceso in terra a convocare il suo popolo, quello fedele, dopo che parte del popolo era diventata infedele a Dio e non aveva saputo riconoscerlo, anzi, lo aveva rifiutato (3,6). Nel vangelo secondo Marco Gesù non compirà più questo gesto,
§ Chiamò a se: non è un semplice “riunire”, è una chiamata solenne che suppone un’autorità, una convocazione divina. Quelli che Gesù chiama a se, costituiscono il nuovo popolo di Dio.
§ Quelli che voleva; Quelli che si è compiaciuto di chiamare, o dei quali si è compiaciuto… una volontà amorevole quindi, ma sempre un criterio impossibile da comprendere per gli uomini. La chiamata di Dio, quella ad essere credenti, e quella specifica che modella la nostra forma di vita, sfugge ai nostri criteri di valutazione.
§ Andarono da lui; alla chiamata fa seguito una risposta, che è di tipo pratico. Silenziosamente, senza interrogare se stessi, Gesù, e realtà, questi chiamati vanno da lui.
§ Perché chiamati?
§  Per stare con lui > un atteggiamento permanente di relazione da imparare. Stare con il Dio che sta con noi.
§  Per predicare > Coinvolgere: la relazione con Gesù non è esclusiva. Si propone a tutti nel rispetto della libertà. Prima Israele si sentiva centro di attrazione, ora sarà “base si propulsione”.
§  Per scacciare i demoni > il simbolo per eccellenza della liberazione dell’uomo da ogni male.
§  
§ I dodici
Ä Simone: nome nuovo, vita nuova.
Ä Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, figli del tuono. Torna il legame con il padre, un uomo he ha lasciato un segno forte nei figli: Il tuono è un segno di potenza incontrollata. Nell’AT rappresenta anche…
Ä Una lista di nomi senza specificazioni… perché non conta se saranno ricordati, se sembreranno importanti agli occhi del mondo non importa: l’importante è la risposta alla chiamata.
Ä Simone il cananeo: l’espressione significa “il fanatico”. Un uomo particolarmente integralista, forse anche sanguino (probabilmente uno zelota)
Ä Giuda Iscariota, un nome che si commenta da solo. Davanti a Dio nessuno ha un futuro di perdizione già scritto, tutti invece sono chiamati ad accogliere la possibilità di entrare a far parte del regno.

§ È fuori di sé… i suoi familiari sanno che quello di Gesù è un gioco pericoloso, che lo mette contro il potere ufficiale.
§ infatti il potere ufficiale cerca di calunniarlo in modo molto pesante (è posseduto… vedi la pericope che abbiamo saltato: Mc 3,22-30)
§ La folla, che diventa un ostacolo perfino per i bisogni primari, (NB, “mangiare pane” può significare anche lo studio della legge) è riunita intorno a Gesù, è ora l’immagine del popolo nuovo. Forse un raduno di scontenti, che vedono in Gesù la possibilità di un rinnovamento.

§ A questo punto vanno da Gesù i suoi familiari. Il verbo “giunse”, espresso al singolare ci fa pensare che l’attenzione sia tutta sulla madre. L’anonimato di queste persone fa pensare che Marco voglia rappresentare delle relazioni. La madre, l’origine umana di Gesù, i fratelli, coloro che condividono questa origine, forse in riferimento agli abitanti di Nazareth.
§ La scena che si costituisce è molto originale. Tra “i familiari” e Gesù c’è una folla di possibili aderenti al messaggio di questo maestro, che sono anche i possibili membri del nuovo Israele.
§ Gesù prende posizione: egli non si sente legato a nessuno dal punto di vista umano, ne alle sue origini, ne alle consuetudini, ne alla legge di Israele. Egli ha rotto definitivamente con ogni legame, no per disprezzarlo però, ma per rinnovarlo. Il regno nuovo è soprattutto il luogo delle relazioni nuove, costituite su un solo fondamento: quello dell’amore che si costituisce tra chi sceglie e chi si lascia scegliere. In questo modo non ci sono più strade privilegiate, ne consuetudini di vita particolari a caratterizzare l’appartenenza al regno, ma solo il criterio delle relazioni nuove, abitate da Dio, quindi salvate.

§ Alcuni spunti per cercare il “senso spirituale”

Alla presenza di Gesù l’umanità si divide in due: hi accoglie e chi rifiuta, chi cerca di comprendere e chi giudica.

Gesù non si lascia condizionare dalle “radici umane”, ne dalle proprie ne da quelle di chi gli sta davanti. La sua proposta è per tutti quelli che decidono di aderirvi. Non esistono altri criteri di adeguatezza.

La fede diventa medicina per i nostri condizionamenti umani, perché ci fa abbandonare un modo “vecchio” di entarare in relazione con gli altri, basato su leggi e giochi di potere, su giudizi, precomprensioni, meccanismi frustranti. Il credente, dentro la relazione con Gesù, accoglie una grazia che fa entrare la salvezza anche nelle altre relazioni.

Il piano del fare e quello dell’essere: Fare la volontà di Dio significa contribuire a compiere il suo “sogno” per l’umanità che è il regno… questo “fare” dunque significa lasciarsi abitare, lasciarsi salvare, lasciarsi plasmare, condividere il sogno… quello della liberazione da ogni forma di male…