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sabato 28 giugno 2014

Preziosi, ma insieme!

Preziosi, ma insieme!

Mt 16,13-19

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». 
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».


Pietro e Paolo sono due figure di spicco tra gli Apostolo, fin dall’antichità sono considerati le colonne della Chiesa. Perché allora non dedicare loro una festa ciascuno? Perché festeggiarli in una celebrazione condivisa? Possiamo leggere dentro a questa scelta qualcosa di grande che ci aiuta a vivere la nostra fede e ci insegna una strada sicura per la nostra santità. Pietro e Paolo sono due grandi personaggi, ma la loro statura parte da presupposti molto diversi. Pietro è il discepolo della prima ora, l’uomo degli alti e bassi, dei grandi slanci e dei grandi tradimenti, della relazione fedele, tenace, che non si arrende ma cerca sempre il modo di crescere. Paolo nasce giudeo osservante e, come sappiamo, inizialmente è convinto persecutore dei cristiani. Solo dopo l’episodio di Damasco e un personale percorso di rielaborazione diventa convinto annunciatore di Gesù Cristo, arrivando a vivere per Cristo e per proclamare a tutti la grandezza della sua croce e risurrezione.
Un primo pensiero che viene dal Vangelo: nella confusione e nella superficialità delle chiacchiere su Gesù, Pietro ha il dono di una fede immediata e limpida, che si esprime davanti a tutti. Subito però Gesù gli indica lo scopo di questo dono: quel Pietro che sa riconoscere con tanto entusiasmo il Signore, ha il compito di mettere a servizio questo dono, diventando punto di riferimento per tutta la comunità dei credenti. Nessun privilegio dunque, ma solo doni da mettere a servizio.

Pietro e Paolo sono l’immagine di una diversità che si completa. Nessuno nella chiesa può pensare di fare da se, e nessuno può pensare di non avere nulla da dare. È necessario il contributo di tutti, nel rispetto della diversità degli altri e nello spirito della collaborazione. Nessuno può fare da se stesso, e nessuno può lasciare che gli altri facciano da se, senza mettere in gioco in prima persona i doni di Dio. La fede ci invita a vivere nella semplicità e nella gratitudine, quindi la chiesa, comunità dei credenti, non può mi diventare la casa dei protagonismi. Non celebriamo due grandi apostoli per esaltarne la personalità; lo si capisce dalla scrittura: anche loro avevano dei limiti. Nel riconoscere le loro povertà però, essi hanno cercato di fare spazio alla grandezza di Dio. Così siamo chiamati a fare noi, evitando il protagonismo e ricordando che la santità consiste prima di tutto nel mettersi in gioco nel servizio dei fratelli e della comunità, e cercando comunione con tutti nella valorizzazione dei beni di ciascuno.